24 settembre 2009

Stigmate, showgirls e mafia. L’Italia di Berlusconi in un villaggio del Sud


di Danilo Chirico e Antonello Mangano

Uno spettacolo con una showgirl da calendario, i famosi (e divorziati) Albano e Gigi D’Alessio ed alcune stelle di Mediaset si è tenuto a Paravati, un piccolo paese nel cuore della Calabria, alla fine di agosto. Tutti insieme per celebrare il compleanno di una mistica nota per i suoi incontri con la Madonna, i contatti con l’aldilà e le stigmate. Ma anche per raccogliere ulteriori fondi - secondo la “volontà” della madre di Dio - per una grande struttura religiosa, parzialmente bruciata dalla mafia durante un attentato di appena un anno fa e adesso del tutto dimenticato. La Chiesa sembra tacere. La lotta alla ‘ndrangheta, ormai la prima mafia italiana, non fa parte di questo contesto fatto di credulità popolare e spettacoli di massa. E’ il profondo Sud, ma anche probabilmente una perfetta sintesi dell'Italia di Berlusconi

“Come vi accolgo in questa casa brutta?”, dice la contadina calabrese Natuzza Evolo. “Un giorno mi costruirai una grande Chiesa”, risponde la Vergine Santa. Questa storia inizia sessantacinque anni fa, con la prima apparizione della Madonna. E’ ormai una leggenda raccontata mille volte a Paravati, poco più di un villaggio nel cuore della Calabria. Nel 2002 il primo mattone di un grande cantiere, secondo la sacra volontà, ed una pluriennale raccolta fondi. Alla fine dello scorso agosto arrivano a Paravati una soubrette da calendario senza veli e due cantanti nazional-popolari, entrambi divorziati, insieme ad altre “star” di Rai e Mediaset, tutti chiamati a festeggiare gli ottantacinque anni della mistica Natuzza ed a raccogliere ulteriore denaro. Ma il cantiere, appena un anno fa, aveva subito un grave attentato, cui non è seguita alcuna presa di posizione contro il racket, facile ipotesi in questa terra di ‘ndrangheta. Una storia italiana: nord e sud, mafia e star della tv, cantanti divorziati e omertà, soubrette dalla morale equivoca e santone con le stigmate che predicano contro la decadenza dei costumi.

“Uno spettacolo per te”
Natuzza è apparsa solo in video. Poche parole, pronunciate con voce rotta dalla sofferenza dei suoi anni portati con tanti acciacchi, per chiedere ai diecimila spettatori del maxishow organizzato in suo onore di contribuire alla realizzazione del sogno di una vita: costruire un santuario nella spianata di Paravati, e la Villa della Gioia, una struttura per accogliere ed assistere i malati terminali. Gli spettatori un contributo l’hanno già dato: venti euro per partecipare, cinque euro in più per un posto a sedere.

Una macchina gigantesca di spettacolo e misticismo messa in moto per festeggiare il compleanno della donna di Paravati: uno “Show for you” elefantiaco e pieno di suggestioni che ben racconta l’Italia di oggi (è per questo, forse, che anche le telecamere della Rai hanno ripreso integralmente lo spettacolo, ritrasmesso in differita). Comici e imitatori del “Bagaglino”, cantanti e ballerini scoperti dai talent show di Mediaset, attori di fiction tv di bassa qualità e belle presentatrici, una delle quali – Luisa Corna – nota per il solito sexy calendario.

Poi due star d’eccezione, a cantare e battersi il petto di fronte a Natuzza Evolo. Albano, cantante dallo straordinario timbro canoro già in auge negli anni 60. Noto per il suo lungo matrimonio con Romina Power (la figlia dell’attore hollywoodiano Tyrone Power), per una figlia scomparsa negli Stati Uniti e mai più tornata, per le volgarissime liti televisive con la sua ex compagna Loredana Lecciso e per le sue simpatie berlusconiane, il cantante ha omaggiato Natuzza Evolo con una intensa versione dell’Ave Maria di Schubert. E c’è l’idolo delle teenager (e delle mamme) Gigi D’Alessio che, dopo avere mandato alle ortiche il suo primo matrimonio, vive con Anna Tatangelo, avvenente cantante venti anni più giovane di lui. A D’Alessio anche l’onore poche ore prima dello show di un incontro privato - paragonato con quello avuto con Papa Wojtyla - con Natuzza, “una donna il cui sguardo vale più di mille parole”.

La gente si commuove, la costruzione della Villa della Gioia è un po’ più vicina, arrivano gli applausi per “Show for you” e per la “Fondazione Cuore Immacolato di Maria - Rifugio delle Anime”, il nome dell’entità voluta da Natuzza. L’inglese anni 80, molto berlusconiano, si intreccia al linguaggio da dopoguerra Dc. Una sintesi imprevedibile che potremmo definire l’Italia di Berlusconi e della sua sorprendente capacità di farsi paladino della famiglia nonostante un divorzio alle spalle, un altro in corso, una vita dissoluta divenuta di dominio pubblico. E’ la morale cattolica del peccato e del pentimento: la colpa si cancella con facilità. E’ anche un’Italia che sembrava scomparsa ma che invece è vivissima: miracoli, credulità popolare e mafia.

Arriviamo a Paravati, frazione di Mileto, venti minuti d’auto dalla Piana di Gioia Tauro, altrettanti dalla splendida costa di Tropea: poche case sparse, facciate di mattoni senza intonaco, solette catramate, pilastri col ferro sporgente. Natuzza è il diminutivo di Fortunata. La donna nasce nel ’24, a vent’anni si sposa, avrà cinque figli. Non andrà mai a a scuola, non sa né leggere né scrivere. Fin da piccola sostiene di parlare con l’angelo custode, poi Gesù, la Madonna, altri santi. La sua fama si espande rapidamente. Ogni anno, nel periodo di Pasqua, compare sulla sua schiena una croce di sangue. Riceveva - finché la salute lo ha permesso - un continuo pellegrinaggio di gente da tutto il mondo, alla ricerca della guarigione da mali senza rimedio o di un contatto coi parenti morti: come stanno, sono in purgatorio, cosa provano? Intervistata dalla Rai, alla prevedibile domanda sui mali della Calabria, risponde citando le parole della Madonna, secondo cui il male sono le nuove generazioni “sull’orlo del baratro”. Un’idea piuttosto generica, in una terra dove i problemi hanno nomi e cognomi.

Volgere il male al bene
Sono le tre di notte. Alcuni uomini entrano nel cantiere, cospargono tutto di benzina, lanciano due molotov contro una pala cingolata gravemente danneggiata, ed un escavatore, completamente distrutto. E’ la fine di aprile dello scorso anno. L’attentato ai mezzi di cantiere è un fatto consueto da queste parti, ma l’obiettivo, questa volta, è il centro multifunzionale della “Cuore Immacolato di Maria”. La ditta impegnata nei lavori è la “Zinzi” di Catanzaro, il capoluogo di regione distante circa 80 chilometri. Esattamente dodici mesi prima, una bottiglia con benzina e quattro cartucce erano state trovate nel cantiere da alcuni operai della stessa ditta.

“Le indagini non hanno portato a niente, purtroppo. E’ praticamente impossibile trovare prove”, ci dice il maresciallo maresciallo Di Lorenzo della compagnia dei carabinieri di Mileto. “L’impresa ha presentato denuncia contro ignoti. Quale ipotesi abbiamo formulato? Può essere qualunque cosa, ma da queste parti in prima istanza si pensa al racket delle estorsioni”. Nessun colpevole, quindi, e solo “Avvenire” dava rilievo nazionale alla notizia, riportando la reazione ufficiale delle vittime. “Il fatto è grave”, dice don Michele Gordiano, padre spirituale di Natuzza. “Ma noi cerchiamo di volgere il male al bene e andremo avanti”.

Paravati si trova nel cuore del “regno” dei Mancuso, definiti da Beppe Lumia, ex presidente della Commissione Antimafia, come la “cosca finanziariamente più importante d’Europa”. Una famiglia che è riuscita ad imporre il terrore sul territorio con imprese criminali da leggenda. Nel 1983, Francesco Mancuso divenne sindaco di Limbadi (il loro piccolissimo paese, a pochi chilometri da Paravati) dopo essersi candidato da latitante. Nel 2008, Pantaleone (‘U zu Luni, lo zio) Mancuso veniva arrestato e subito scarcerato grazie ad una serie di ingegnosi cavilli trovati dai suoi legali, uno dei quali assessore, che nella veste istituzionale aveva discusso della costituzione di parte civile al processo “Dinasty”, da legale difendeva il boss.
Nel 2006, durante le riprese della fiction Rai “Gente di mare”, i Mancuso sarebbero riusciti a far ospitare attori e personale della troupe nei propri alberghi, inserendo anche alcuni amici tra le comparse. Un anno più tardi, mentre brindava ad una delle tante scarcerazioni del padre nella villa di famiglia a Limbadi, Emanuele Mancuso vide cinquanta carabinieri, uno squadrone di cacciatori, il nucleo elicotteri ed un paio di unità cinofile che interrompevano i festeggiamenti nel più spiacevole dei modi: esibendo un mandato d’arresto. Uno spiegamento di forze da zona di guerra per un rapinatore non ancora ventenne. Qualche giorno prima, infatti, il piccolo boss insieme a cinque amici era a Soriano Calabro a prelevare fuochi d’artificio direttamente in fabbrica, due quintali per un valore di 20 mila euro. Massacrarono di botte un dipendente, di fronte ad un esterefatto proprietario che non poteva credere che il rampollo dei Mancuso si mettesse a rapinarlo, magari si trattava uno che usava quel nome per fare paura, lo fanno in tanti. Ed invece era vero, una bravata per rallegrare il capodanno 2007.

Come i cani che fanno pipì
I Mancuso sono tra i diretti responsabili di una delle più grandi farse all’italiana, quella del rimodernamento dell’autostrada Salerno – Reggio Calabria. Lavori progettati nel 1990 (Craxi presidente del consiglio, l’Italia tifava per Totò Schillaci), avviati sette anni dopo, infinite volte interrotti dalle inchieste della magistratura.

Si inizia con l’operazione Tamburo (2002), che riguarda il tratto da Castrovillari a Rogliano; si prosegue con l’operazione della Direzione Investigativa Antimafia contro la camorra (aprile 2005) per la realizzazione degli svincoli di Castellammare di Stabia e Scafati e dei caselli di Nocera Inferiore e Cava dei Tirreni; ancora l’operazione Arca (luglio 2007), chiusa esattamente due anni dopo con otto condanne e 44 assoluzioni per il pizzo tra gli svincoli di Mileto e Rosarno-Gioia Tauro. Nel febbraio 2009, l’operazione “Autostrada” riguardava ancora il tratto sotto l’egemonia del clan Mancuso (svincolo di Mileto), ed ancora qualche mese dopo – sempre per lo stesso tratto - un sequestro di beni della DIA di Catanzaro ai danni di una ditta di Soriano ritenuta di riferimento dei Mancuso. “Controllano le loro zone come i cani quando fanno pipì, e da lì non si passa”, dice il magistrato Nicola Gratteri.

Rifugio delle anime
La “Villa della gioia” comprende il centro “Ospiti della Speranza” ed il “Villaggio del conforto”, da cui parte il “Viale della misericordia” che porta - attraverso il “Viale della salvezza” - al centro “Recupero della speranza”. E la toponomastica sui generis della nuova Paravati, nelle intenzioni una piccola Lourdes nel Sud dell’Europa, così come una impedibile occasione per frenare l’emigrazione che in questi piccoli centri agricoli non si è mai arrestata e ritagliarsi una piccola fetta del business non disprezzabile del turismo religioso.

L’obiettivo di questo villaggio del dolore è quello di ospitare malati terminali e vittime di mali senza speranza, mentre in tutta la regione si piangono le vittime ordinarie della malasanità. Ad agosto, mentre si raccolgono i fondi per la Villa della Gioia, muoiono in sei negli ospedali calabresi - tra loro una bimba di otto anni – e vanno ad aggiungersi ad elenco interminabile che non ha prodotto campagne politiche per l’affermazione del diritto alla salute.

“Come molti mistici, Natuzza non vanta guarigioni miracolose ma si presenta solo come intermediaria tra gli uomini e Dio, il quale le parla tramite il suo angelo custode”, spiega nel suo rapporto il Cicap (“Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale”). “Ogni anno, moltissimi pellegrini si recano al suo paese per ottenere da lei verifica sulla bontà di diagnosi mediche e per chiedere consiglio su dove eventualmente andare a curarsi. Sì, perché la signora Natuzza, dietro suggerimento del suo angelo, verifica le diagnosi fatte in precedenza dai medici e invia i ‘pazienti’ pellegrini presso diverse città per la terapia”.

Supernatural

Natuzza non si discute, specie a casa sua. Dagli antropologi ai giornalisti, dai politici alla gente comune nessuno ne mette in dubbio le doti. Chiunque subisce il fascino di una donna che sicuramente sarà proclamata santa in tempi brevissimi. Una figura incensata, specie dalla stampa locale. Nel giugno 2008 riceve dal “Sindacato dei giornalisti calabresi” il premio “Affabulatore d’oro”, riconoscimento originale per chi non sa né leggere né scrivere. “Ma è una comunicatrice di verità”, rispondono gli organizzatori. “Affabulare vuol dire saper raccontare ed esporre in modo corretto e con la giusta modulazione”.

Ma le doti di Natuzza possono indurre a spiacevoli episodi presso il popolo, che dopo la tragedia d’Abruzzo inizia a spargere la voce di una terribile predizione. “Comunicato importante: Natuzza non ha mai predetto il futuro”, scrive la Fondazione in un messaggio ufficiale. “Ha sempre affermato che il futuro lo conosce solo Dio. Pertanto ogni riferimento a Natuzza circa la previsione di un eventuale terremoto in Calabria nei prossimi giorni di maggio 2009, è falso”. Il Cicap, come dicevamo, si è espresso con chiarezza sulla vicenda. “In quanto a spettacolarità, Natuzza batte di gran lunga il Santo Padre Pio. Le sue non sono ‘semplici’ stigmate ma, durante il sanguinamento che avviene nei giorni di quaresima, sono in grado di far comparire tracce di una vera e propria scrittura su un panno che vi sia eventualmente posto sopra. Inoltre, sulle sue ginocchia appaiono strane immagini e volti umani”.

L’analisi impietosa considera le visioni come fenomeni allucinatori, ed esprime dubbi sulle stigmate, la cui origine ed evoluzione non è stata mai documentata da osservatori terzi. La trance può essere spiegata come “uno stato di depersonalizzazione”. Tuttavia, la questione non può essere banalmente liquidata come una vicenda di ciarlatani e creduloni. Tutto ciò che accade a Paravati è vero, ma non potrebbe avvenire in un luogo con caratteristiche diverse. “Il caso Natuzza non è così incredibile come i media vogliono presentarlo”, dice Armando De Vincentiis, psicologo e coordinatore per la Puglia del Cicap. “Si tratta di un fatto culturalmente limitato e inquadrato in un contesto religioso ben preciso”.

Finale

A pochi chilometri da Paravati sorge il castello in cui fu fucilato Gioacchino Murat, maresciallo dell’Impero e re di Napoli, ucciso nel 1815 a Pizzo Calabro, in seguito alla caduta del cognato Napoleone. I francesi portavano le idee dell’illuminismo, le parole d’ordine della rivoluzione ed avevano confiscato i beni della Chiesa nel regno sottratto ai Borboni. Furono sconfitti, ma ancora oggi il diritto, la ragione e l’uguaglianza si contrappongono alla superstizione, al fatalismo, all’intercessione. Del politico o della Madonna.

(24 settembre 2009)

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