30 dicembre 2009

Craxi e l'inchiesta Mani Pulite

Laura Boldrini personaggio dell'anno secondo Famiglia Cristiana


di don Antonio Sciortino

A partire da quest’anno, Famiglia Cristiana assegnerà un riconoscimento speciale all’italiano o all’italiana dell’anno. Lo fanno, all’estero, già altre riviste prestigiose. Non si tratta di ricalcare iniziative già collaudate, per spirito d’emulazione. O nell’intento di ricalcarne il successo e richiamare l’attenzione degli altri media sul nostro giornale. Non ne abbiamo bisogno. O, per lo meno, non tramite questa via.

Intendiamo spendere l’autorevolezza del giornale, la sua autonomia e libertà di giudizio (unanimemente riconosciute), a servizio di una causa. Che non consiste semplicemente nell’individuare un nome, cui assegnare l’ambìto titolo di Personaggio dell’anno. Ma richiamare, piuttosto, l’attenzione dell’opinione pubblica su temi di grande rilevanza e attualità, tramite il volto, la storia e l’impegno di chi, anno per anno, verrà indicato dalla Direzione e dai giornalisti di Famiglia Cristiana. Scelte non ovvie e scontate. E personaggi che potranno (o dovranno) far dibattere. O anche disturbare , mettendo in crisi pregiudizi e false certezze.

Per il 2009, dopo un ampio giro d’orizzonti, la scelta è andata all’unanimità a Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. I motivi? Il costante impegno, svolto con umanità ed equilibrio, a favore di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. E, soprattutto, la dignità e la fermezza mostrate nel condannare, l’estate dello scorso anno, i respingimenti degli immigrati nel Mediterraneo. Resistendo anche agli attacchi di chi voleva delegittimarla, definendola estremista . E assieme a lei, liquidare l’Unhcr, uno degli organismi dell’Onu più rispettato nel mondo civile, con oltre seimila impiegati, 50 milioni di rifugiati assistiti, 278 uffici in 111 Paesi, e due Nobel per la pace (nel 1954 e nel 1981).

Laura Boldrini, marchigiana, laureata in Legge, giornalista pubblicista, è in forza all’Unhcr dal 1998, dopo aver lavorato alla Fao e al World Food Programme. Coordina l’informazione per i rifugiati anche per Grecia, Malta, Cipro, Albania, San Marino e Santa Sede.

Assegnando a Laura Boldrini il titolo di Italiana dell’anno, l’attenzione va anche all’accoglienza degli immigrati nel nostro Paese. Oggi, l’Italia è divisa tra chi reagisce con indifferenza e fastidio, allarmato e impaurito dalla invasione degli stranieri, e chi si impegna, con realismo e nel rispetto della legalità, a governare il fenomeno con umanità.

L’augurio è che la scelta della Boldrini contribuisca a far prevalere la via dei diritti e dell’uguaglianza di tutti gli uomini. Al di là del colore della pelle, della provenienza e del credo religioso. Appunto, la via dei valori e della civiltà.

28 dicembre 2009

"Silvio non è più immagine, ma solo voce. Seduce come fosse la radio trasmessa in tv"



Intervista a Enrico Ghezzi, inventore di Blob - tratta da L'Unità

Piazza Duomo, Duomo, Duomo fasullo, Duomo statuetta, d'uomo, altezza d'uomo. Blob ha giocato molto su questi slittamenti di senso «perché è un'immagine che condensa un insieme di senso impressionante».
Ma ora il corpo del capo ferito si manifesta, un po' metafisicamente, con la voce
«Nella voce sola c'è una intensità molto più potente. Il rapporto interamente vocale, non dico sia automaticamente ingannevole, ma è di pervasività prodigiosa. L'immagine ha un grande potenziale di seduzione ma, al tempo stesso è più facile accorgersi di essa. Mentre la parola senza immagine è meno facile da ricostruire e da smontare, da parte nostra come spettatori», (straordinaria, e verificabile in questi giorni anche in tv, la dimostrazione chapliniana del rapporto totalmente ambiguo tra corpo voce massa immagine individuo nel Grande Dittatore). C'è anche un buon rapporto fra Berlusconi e il direttore del Tgl.«Questi elementi sovrapolitici o sottopolitici, nel senso di sovrastrutturali o di sottospecie politica, sono i meno interessanti perché si riconoscono subito. Più curioso e avvitato, da sempre, il manifestarsi del foltissimo potenziale seduttivo radiofonico annunciato e trasmesso in tv, senza prova visiva della situazione ma neanche del possibile inganno. Sentire le voci è sempre un sentire, può essere malattia, schizofrenia, ma senti. Le visioni sono friabili, di ordine più raro».
E l'immagine dell'attacco che effetto le ha fatto?
«Non è mai stata totalmente visibile, c'è sempre un po' di folla, come anche per Ratzinger. La cosa curiosa è che la folla che impedisce il riconoscimento sicuro, la folla permette la follia del complotto, di pensare il complotto».
Ma il complotto è costruito sulle immagini «È l'immagine che lo rende possibile. L'immagine è la prova ma si può sempre dire che, come prova, sia insufficiente, deludente, che nasconda altro. Il complottismo sull'I 1 settembre, per esempio, è assolutamente affascinante, c'è un continuo rovesciamento di quel che si crede di aver visto. Raramente si è vista un'immagine così centrale, centrata, in piena Manhattan, col sole non velata. Eppure è l'immagine della massima ambiguità». La voce al telefono non inganna? «Le telefonate di Bin Laden, quella voce che veniva chissà da dove... fece ro ancora più impressione. Ora vengono da Arcore e ci crediamo. In realtà Berlusconi potrebbe essere ovunque mentre parla, e soprattutto non essere lui: avere un sosia vocale è facile, e lui potrebbe stare malissimo (intanto cresce l'attesa: come sarà, caduto il bendaggio, il volto del premier già prima "al di là della plastica"). In realtà l'audio da solo è la massima vertigine della finzione, del falso. E proprio per questo da un senso di verità. Sospeso al nulla, se vogliamo. Ma molto più intenso».
E scompare l'obbligo della concretezza, di parlare di politica? «È un messaggio completamente astratto, rimane solo la concretezza della vocalità che prescinde dai contenuti. Berlusconi è bravo a usare le parole e le situazioni, lo dimostrano le sue gaffe, apparentemente autolesioniste. Non saprei mai dire cosa prevalga: se la progettazione, la sincerità, lo scatto d'ira. È una combinazione in cui la maschera diventa abissale. Più è maschera e più mostra istintività». Con la voce costruisce un rapporto di fiducia che prescinde dai contenuti «Berlusconi, come premier, mette in gioco sé stesso. Il partito dell'amore è pensabile solo se invisibile (e già era un partito fantasma). La costante del Berlusconi degli ultimi cinque anni è questa sorta di scommessa sull'immortalità mètapolitica. Tanto la politica è tessitura, delusione, consunzione, tanto in lui c'è questa concezione pericolosamente sacrale del proprio corpo/potere, che nella voce non viene meno ma anzi si estremizza».
Pericolosamente anche perché si rinette nel gesto di un folle? «Duomo, piazza Duomo, falso duomo, d'uomo, altezza d'uomo».*

27 dicembre 2009

I palloncini rossi



Gli operai non sono tornati, anzi. Lassù sui tetti, si sono isolati lontano dallo scontro pubblico

di Mimmo Calopresti da "Il Fatto Quotidiano"

Lontani, altissimi nell'alto dei cieli, direi più vicini a Dio che ai loro simili. Per raccontarci la loro crisi perenne, che qualche volta si acuisce in maniera drammatica - come succede in questo momento - alcuni lavoratori si sono allontanati da noi. Sono saliti in alto. Hanno cominciato questa estate gli operai dell'Innse, che si sono rifugiati su un carroponte. Gli ultimi, per adesso, sono stati quelli della Yamaha, appena scesi dal tetto della fabbrica di Lesmo, all'aria aperta, dopo aver affrontato il gelo polare di questi giorni di festa. In questi pochi mesi le ascese sono state tante, si sono moltiplicate, da nord a sud. Salgono sui tetti gli operai con il lavoro a rischio o con la certezza del licenziamento, con in tasca la lettera che annuncia la cassa integrazione, con la fabbrica che sta per essere venduta a non si sa bene chi o con lo stabilimento in procinto di essere smantellato. Ma non solo operai: ora su quei tetti salgono anche i cenciaioli di Palermo che si battono per poter continuare a fare la raccolta differenziata, i ricercatori dell'Ispra, gli studenti de La Sapienza che protestano conto i tagli all'università, gli insegnanti precari di Benevento, i lavoratori con contratto a tempo determinato in scadenza del eall center di Trapani.

ARISTOCRAZIA
- Tutti si sono isolati, con dignità, senza scendere nell'arena del dibattito degli scontri verbali, delle manifestazioni che sfilano sul video davanti ai nostri occhi nelle nostre tristi serate televisive, si sono allontanati dal casino solito e confusionario dell'informazione, dicono pco e poco si fanno vedere, stanno semplicemente cercando di attirare il nostro sguardo verso l'alto, quello sguardo che solitamente ci neghiamo anche durante una passeggiata dentro le nostre città. C'è dignità, aristocrazia - oserei dire - in questa scelta. Una aristocrazia acquisita in tempi lontani, in tempi di battaglie importanti, tempi forse finiti per sempre. Gli operai davanti ai cancelli della Fiat Mirafiori risucchiavano l'attrazione generale: quando entravano negli stabilimenti, nelle albe fredde e livide, trovavano gli studenti che andavano a volantinare e giovani rampolli della borghesia che li contemplavano come se avessero di fronte attori sublimi delle loro visioni rivoluzionarie. I cancelli di corso Traiano diventavano così la porta del tanto immaginato paradiso operaio. Quegli operai uscivano rincorsi nelle notti fredde dalle televisioni che volevano conoscere in anticipo ogni loro pensiero, ogni prossima mossa sindacale e, infine, avevano credito facile dai commercianti quando scioperavano per avere aumenti salariali: la loro ricchezza era ricchezza di tutti, erano il motore più potente del sogno collettivo di maggior benessere. Poi un giorno tutto finì. Andare a lavorare alla Fiat - diceva mio padre - è avere un posto sicuro, la mutua e i regali a Natale, la possibilità di fare sport e d'estate andare al mare in fila, capitanati da belle signorine che ti portavano in pineta dopo aver fatto il bagno a Marina di Massa. Quel meraviglioso mondo si trasformò in incubo: ristrutturazioni, cassa integrazione, mobilità, decentramento, globalizzazione. Sempre più diffìcile la vita. Persi per sempre i padroni, quelli che intravedevi la mattina quando entravano nello stabilimento con la macchina dai vetri scuri ma di cui conoscevi bene ogni movenza. Al loro posto, quando va bene, ora c'è una multinazionale oppure una società con sigle sconosciute e con sedi altrettanto sconosciute, i cui amministratori delegati percepiscono quegli stessi stabilimenti come pezzi di un puzzle da comporre con tasselli a costo sempre minore. Come erano fortunati i lavoratori della Fiat quando potevano andare in corteo sotto gli uffici di corso Marconi a Torino per urlare tutta la loro rabbia contro il padrone:lungo il viale risuonavano i cori "Agnelli, Agnelli vaffanculo", e l'Avvocato li ascoltava, mentre li guardava dall'alto, dietro la finestra del suo ufficio. Ma quella era un'altra epoca, era il tempo del posto fìsso. Poi il sogno del posto fisso svanì e cominciarono ad affermarsi gli ammortizzatori sociali, inutile medicamento di uno sviluppo industriale sempre più scassato, mentre il sogno viene provvisoriamente appaltato ai lavoratori stranieri, che, però, insieme al loro stupore di riuscire a mettere piede nel Paese dei reality Paese che riesce a far diventare celebri tutti, dove una serata televisiva non si nega a nessuno - ci portano un bel po' di casino, ci fanno sentire insicuri, sono sporchi e, se non stiamo attenti, ci rubano tutto. D'altronde questa situazione il nord l'aveva già vissuta. I meridionali erano arrivati in massa a cercare lavoro e a portare problemi. E' indimenticabile la lunga fila delle signore impellicciate che, sotto la sede de La Stampa, si affannavano a firmare un appello contro la prostituzione dilagante, molte di quelle donne erano madri dei ragazzi che si svegliavano alla mattina presto per andare a volantinare davanti alla Fiat. Poi, però, i meridionali si sono fatti il culo, hanno mandato i figli a scuola e si sono comprati le case in periferia - quelle case che adesso si affacciano su un campo rom - e ora si incazzano: anche loro si mettono in fila per firmare appelli contro il degrado e contro quelle brutture, loro che sono nati davanti ai più bei panorami del mondo. DOVE SONO LE FABBRICHE - Gli operai non interessano più a nessuno. Nessuno va più davanti alle fabbriche, nessuno sa più dove sono le fabbriche: ora per sapere dove è la Fiat Mirafiori, un tempo icona del lavoro operaio, ci si collega a Google Maps. Le televisioni arrivano in massa solo quando accade una tragedia. Alla ThyssenKrupp sono accorsi tutti per raccontare la tragedia più assurda dei nostri tempi: cinque ragazzi perdono la loro vita nel tempio dell'acciaio lucido, parte di una multinazionale che, con i suoi prodotti, permette a tutto il mondo di vivere con agio, ma dove la loro vita non contava niente già da tempo. Nessuno però pensa di andare nei cantieri, dove la vita dei lavoratori conta ancora meno e dove le assunzioni vengono effettuate qualche ora prima dell'attestato decesso. Gli intellettuali hanno escluso gli operai dal proprio immaginario e li hanno sostituiti con una poltiglia non ben definita di soggetti che diffìcilmente riusciranno ad affermarsi e diventare i protagonisti del prossimo futuro. Nessuno li vede più, nessuno li racconta più. Ci vorrebbe forse il Pasolini del "poema dell'immondezza", che negli anni '70 a Roma cercò di raccontare il primo sciopero dei netturbini. Ci vorrebbe il più grande attore italiano di tutti i tempi, Gian Maria Volontè, che cercò, in un Natale degli anni '70, di mettere una tenda in piazza di Spagna in solidarietà con la lotta dei metalmeccanici e che la polizia spazzò via in un attimo, nonostante la resistenza dei manifestanti. Di quei giorni è rimasto un film, "La tenda in piazza", uno dei pochissimi film da regista che Gian Maria Volontè ha girato in un anno in cui rifiutava di fare film per occuparsi di qualcosa che lo facesse sentire utile a sé e agli altri. Ci vorrebbe Ugo Gregoretti che con Omicron, un film di fantascienza, racconta l'alienazione della vita operaia con umorismo e grazia. Ci vorrebbero artisti e poeti per raccontare. Il neoralismo non è utile, forse serve solo per raccontare Gomorra, ma per riuscire a vedere quei palloncini rossi che sono volati là nel cielo, così in alto sui tetti, per farci alzare la testa ci vuole la poesia, quella poesia che è scomparsa per sempre nelle nostre vite, che abbiamo barattato con un po' di benessere immediato e apparente. Ci vorrebbe tutta la forza di quella poesia. Servirebbe anche a Termini Imerese: servirebbe un gesto poetico per risolvere quella situazione, non le pur sensate parole dell'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, non le trattative sindacali se pur doverose, non le promesse del ministro del lavoro, per non trasformare quello stabilimento, che era nato come un giardino in una prateria di disperazione, nell'ennesima cattedrale nel deserto. Per non rottamare ancora delle vite, per non dismettere anche quegli che hanno smesso di essere funzionali all'ennesimo piano di sviluppo industriale del sud. Ci vorrebbe un gesto poetico che trasformasse la Fiat di Termini Imerese da fabbrica di automobili che nessuno vuole più, in una fabbrica di utopie utili a tutti.

26 dicembre 2009

Dagli all'untore

Nel giro di 11 giorni due aggressioni da parte di soggetti psicolabili, affetti da turbe psichiche al premier Silvio Berlusconi e al Papa Benedetto XVI. Gli autori dei gesti Massimo Tartaglia e Susanna Maiolo. L'effetto emulazione, il desiderio di visibilità, i quindici minuti di celebrità nel tritacarne mediatico, dopo che le immagini hanno fatto il giro del mondo è in agguato e diventa obiettivo non solo iconografico da parte dalla pletora sterminata di potenziali fan sparsi nel villaggio globale.

Latente nel ventre molle della società liquida, la pulsione del dagli all'untore, amplificata dai replicanti sui social network, che forniscono il destro a chi vuole limitare la libertà. “Vogliamo studiare strumenti che consentano alla magistrature di intervenire in caso di reati in Rete„, questa l'ultima sortita del ministro dell'Interno Roberto Maroni. A volte più di un codice di autoregolamentazione funzionerebbe un po' di buonsenso. Ma si sa, la mamma degli stolti è sempre incinta.

Mara Carfagna, ministro delle Pari Opporunità



di stefano facci

Chissà se Veronica quando pronunciava la mitica locuzione “ciarpame senza pudore” si stesse proprio riferendo al ministro Carfagna.
Ogni volta che in una conversazione un suo interlocutore le ricorda che è un ministro della Repubblica, sorpresa sempre come fosse la prima volta, la Carfagna strabuzza gli occhi che ormai le fuoriescono dalle orbite.

Come dice Travaglio, non essendo ben chiari i motivi che hanno portato la Carfagna al governo, siamo legittimati a pensare che possa essere alle Pari oppurtunità per meriti gastronomici.

Il Papa spinto cade e si rialza

Successful people tomorrow




No drugs, no party. Nella città dove si consumano 700mila pastiglie di ansiolitici all'anno, mentre non viene censito mai a sufficienza il fenomeno legato al consumo della cocaina overperformante, capita di imbattersi nelle sorprese natalizie dei creativi. Quelli che fanno la differenza. I guru del marketing.

In piazza Duomo a Milano, accanto a palazzo Reale, c'è un'ala in ristrutturazione. Niente di nuovo nella città-cantiere aperto, in vista dell'expo del 2015. Certi cartelloni pubblicitari superano l'immaginazione più fervida. "Billionare junior styled by Elisabetta Gregoraci, kids today, successful people tomorrow". Non poteva passare inosservato lo slogan. Michele Serra, nella sua "Amaca" prenatalizia ha colto, con l'arguzia degna dei tempi di "Cuore" quest'esempio di becerume italiota.

Serra vedrebbe bene un controcartellone con la scritta "Vadavialcù by i milanesi", "con l'uso del dialetto, ideale per dare un segnale di distensione alla Lega". Sarebbe ora di brevettare, disobbedienze collettive al consumismo demenziale, a partire dagli spot.

22 dicembre 2009

La casa prima di tutto



"La casa prima di tutto" è lo spot realizzato dal regista Mimmo Calopresti e l'attore-singer Andrea Rivera, commissionato dall'assessorato per le politiche della Casa della Regione Lazio, presieduto da Mario Di Carlo.

L'ultima lotta di Franco, vittima della mancanza di soccorsi

19 dicembre 2009

Il Ponte, il Faraone e la Fata Morgana



articolo tratto da IlManifesto.it

Si racconta che quando i Normanni nell'XI secolo arrivarono sulla punta estrema dello stivale si trovarono di fronte a una inattesa visione: la terra dei Siculi si era unita a quella dei Bruzi. Stupiti, spronarono i cavalli recalcitranti ad attraversare lo Stretto e così finirono nelle sue gelide acque, vittime di un effetto ottico di rifrazione della luce. Intuirono subito che lo scherzetto non poteva che essere stato organizzato dalla Fata Morgana , la quale doveva abitare necessariamente nel suo castello di vetro in mezzo allo Stretto. D'altra parte, di fronte sorge l' Etna, il gigante che sputa fuoco e nelle cui viscere viveva Re Artù.
Lo Stretto di Messina è un luogo peculiare in tutto il Mediterraneo, un concentrato di miti e di effetti speciali, di culture arcaiche, di paesaggi mozzafiato e di straordinari fenomeni fisici. Qui avviene lo scontro/incontro tra lo Jonio ed il Tirreno che genera le correnti più forti del mare nostrum, nelle quali importanti studi del Cnr individuano un enorme potenziale di produzione di energia pulita. Qui spiaggiano i pesci abissali, uno spettacolo unico della natura, oggetto di ricerca da parte di studiosi provenienti da tutto il mondo. Qui si ambienta e si rinnova una delle pagine più belle del viaggio di Ulisse che Omero ci ha regalato: Scilla è tutt'ora una grande roccia con aspetti mostruosi, oggi inabissata a circa cinquanta metri di fronte al castello dei Ruffo; Cariddi è un vortice tutt'ora pericoloso se ci si avvicina con una piccola imbarcazione.
Di fronte a queste meraviglie della natura chi poteva pensare di costruirci un ponte? E chi poteva solo pensare di progettare un ponte che per essere collegato alle ferrovie ed alle corsie autostradali esistenti deve mettere a soqquadro due territori di straordinaria bellezza e fragilità? Passare sopra la testa dei messinesi, bucare colline di sabbia friabile, coprire con una colata di cemento Ganzirri e i suoi laghetti salati, devastare le montagne di Scilla, gettare un'orgia di bretelle autostradali e ferroviarie per portare macchine e treni a novanta metri di altezza.
Solo un novello Faraone poteva accanirsi per realizzare un'opera così devastante, che distrugge l'economia locale , riduce l'occupazione e cancella uno dei paesaggi più belli al mondo. Naturalmente il Faraone ha al suo fianco un'ampia schiera di cortigiani, capi tribù, astrologi che non sbagliano mai. Per questo il costo complessivo dell'opera non è mai stato calcolato, la stime variano di anno in anno, in base alla configurazione degli astri e al mutare delle stagioni. Questa volta però non si tratta di costruire una piramide in un deserto, ma un'opera gigantesca in un'area ricca di natura e cultura. Soprattutto, il Faraone non sa, come non lo sapevano i celti-normanni, che questo è lo spazio della Fata Morgana, che è ancora viva e vegeta e non finisce di sorprenderci. E' lei che unisce Reggio e Messina, il nord ed il sud di questo paese, portando oggi decine di migliaia di persone di fronte alla magia dello Stretto, spostando le nuvole minacciose che incombono, inabissando nelle sue acque l'idea stessa del Ponte. Un'idea malefica, che è costata finora centinaia di milioni di euro per accrescere la platea dei servi e dei cortigiani allevati dalla Società Stretto di Messina. Un'idea malvagia, che ha provocato già lo smantellamento dei servizi di trasporto tra le due sponde, con un grave danno agli oltre seimila passeggeri che quotidianamente prendono la metro del mare, cioè l'aliscafo che unisce le due città.
Attento Faraone, sembra dire la Fata Morgana dal profondo blu dello Stretto, qui si sono inabissati i Normanni, qui in un attimo, nel 1908, si sono sbriciolate le case a cinque piani che sorgevano sul mare, qui il mito prometeico della nostra civiltà trova il suo limite invalicabile. Qui possiamo ritrovare la strada che porta alla salvaguardia degli ecosistemi e della vita sul nostro pianeta.

16 dicembre 2009

Primi tentativi di censura da parte di Google


dal sito sconfini.eu

Primi esperimenti di censura iraniano-cinese in atto sul web italiano. Per ora niente di grave, ma sembra quasi un "allenamento" in vista delle future e più repressive forme di censura che interesseranno la rete italiana, come promesso dal ministro dell'Interno Roberto Maroni. Solo fino a ieri, cercando delle immagini su google.it con parole chiave tipo: "Massimo Tartaglia", "Attentato a Berlusconi", Berlusconi ferito", Berlusconi aggredito" fioccavano nella ricerca decine, centinaia di immagini e fotogrammi del triste evento occorso in piazza del Duomo domenica scorsa.

E oggi? Niente! Tutto sparito. Per Google non esistono immagini dell'aggressore, dell'aggredito, dell'aggressione. Il fatto non è mai successo.

Sono invece presenti video e notizie sull'evento, quasi a dimostrare che è in atto una sorta di "esercizio" di censura, una sorta di prova generale. Alcuni dicono che ci vogliono mesi affinché Google metta le immagini sul motore di ricerca dedicato: ma come si spiega allora la presenza (per esempio) di questa immagine inserita sul web il giorno 7 dicembre, ovvero poche ore prima dell'attentato a Berlusconi?

Attendiamo delucidazioni tecniche plausibili e nel frattempo vi proponiamo alcuni screenshot:

Ricerca "attentato berlusconi"attentatoberlusconi



Ricerca "massimo tartaglia"

massimotartaglia



Ricerca "Berlusconi ferito"

berlusconiaggredito



A questo triste tentativo censorio fa da contraltare un'ironico risultato: nelle immagini che vengono segnalate da Google (a parte un Prodi che non ci azzecca niente) troviamo la "vittima della violenza della sinistra" in due pose che ne testimoniano l'amore che prova per tutti gli italiani. In una si vede che fa le corna e in un'altra che fa il dito medio a fianco a una divertita Michela Vittoria Brambilla. Forse però era Marco Travaglio in ginocchio che faceva del pre-terrorismo, o forse Santoro con i capelli di plastica e due chili di cerone in faccia che preparava la strada all'attentatore "scomparso" Tartaglia.

Caso d'uomo


dal blog di Sabina Guzzanti

un uomo in cura psichiatrica da dieci anni ferisce berlusconi con un souvenir. qual’è la domanda? se mi ha fatto pena vedere berlusconi ferito? sì mi ha fatto moltissima pena. ho visto il volto insanguinato. ho visto un vecchio ferito. quando è uscito per vedere in faccia il suo aggressore ho provato anche stima per la fierezza. e ho visto anche un politico credo per la prima volta. mi hanno sconvolto quelle immagini e ho provato pena anche se quest’uomo è quello che ci avvelena la vita da vent’anni. anche se ha distrutto il mio paese. provo pena nonostante tutto perché sono umana. quella stessa pena che berlusconi non ha provato per le centinaia di persone pestate a sangue a genova, per le violenze che subisco immigrati, carcerati, i manifestanti di chiaiano manganellati. sarebbero questi quelli che chiamano i “sé e i ma” ?

vuol dire che è stato introdotto l’obbligo di guardare solo quello che è inquadrato ed è vietato inserirlo in un contesto? non dico che sia stato un gesto parzialmente giustificato dal contesto. dico che la pena la solidarietà umana che io e credo molti di voi abbiamo provato non è corrisposta. ho detto che noi abbiamo repulsione per la violenza anche nei confronti di un uomo che la pratica che è il mandante di tanti gesti di violenza.

non ci sono dubbi per me. non avrei voluto che accadesse non voglio che si ripeta.

berlusconi però non è stato ferito da un’organizzazione politica, è stato ferito da un uomo isolato mentalmente sofferente. perché dobbiamo prenderci la responsabilità di questo gesto, come se in qualche modo venisse da noi?

la risposta di maroni chiudere siti internet è assolutamente arbitraria come al solito. dove sono le prove che quell’uomo si sia ispirato a internet e non al tg5?

io dico che già affermare che prediamo le distanze dal gesto crea comunque una relazione fra noi e quel gesto che obbiettivamente non esiste. al di là delle considerazioni emotive che vengono dalle immagini del capo di un governo col volto insanguinato, dal punto di vista razionale direi che è assolutamente inopportuno che berlusconi vada in giro in mezzo alla folla a firmare autografi come se fosse un divo del rock (che è pericoloso pure per loro). un uomo che ha quel popo’ di pendenze, di ombre, di accuse a cui non si è mai degnato di rispondere, che provoca continuamente insultando istituzioni, lavoratori, che licenzia chi non la pensa come lui, che soffoca il parlamento, che impone i suoi gusti forti a tutti noi che ci vada o no, a quest’uomo non si può permettere di stare in mezzo alla folla perché è assolutamente imprudente.

Habemus papam: il nuovo film di Nanni Moretti

di Fulvia Caprara da "La Stampa"

Il Papa sarà Michel Piccoli, lo psicanalista che lo incontra sarà Nanni Moretti, regista, nonché sceneggiatore, con Federica Pontremoli e Francesco Piccolo, di Habemus Papam, in lavorazione a partire da gennaio. Già sulla carta la coppia sembra perfetta: da una parte il grande divo del cinema d’oltralpe, dall’altra l’autore venerato in Francia. Il primo con la tonaca e i dubbi intelligenti di un uomo che non sa se riuscirà ad assolvere il suo altissimo compito, il secondo con le analisi, le domande e i ragionamenti del medico che cerca di aiutarlo. Non è la prima volta che Piccoli lavora con registi italiani, anzi, con il nostro cinema c’è una lunga storia d’amore che coinvolge nomi celebri e film importanti. Prima di Moretti, c’è stata la collaborazione stretta con Marco Ferreri che l’aveva voluto in Dillinger è morto, nell’Udienza, nella Cagna e nella Grande abbuffata. Poi, con Marco Bellocchio Piccoli ha girato Salto nel vuoto, con Liliana Cavani Oltre la porta, con Peter Del Monte Compagna di viaggio e con Sergio Castellitto Libero burro.

La storia di Habemus Papam si apre con la morte del Pontefice e quindi con il Conclave riunito per le eleggerne un altro. La gestazione del soggetto era stata lunga, Moretti aveva spiegato di non voler fare un film troppo pessimista e, proprio per questo, di volersi staccare da ambientazioni e problematiche più vicine al suo mondo e all’attualità. A novembre si è svolta l’udienza in Vaticano, l’incontro con monsignor Gianfranco Ravasi che ha dichiarato di aver letto la sceneggiatura del film e di esser stato spesso, negli ultimi mesi, in contatto con l’autore della Stanza del figlio. Nei giorni scorsi si è saputo che è in corso la ricerca delle comparse. Gli aspiranti sono stati convocati a Roma, al cinema «Nuovo Sacher». Si cercano soprattutto uomini e donne tra i 35 e i 50 anni, adatti per essere trasformati in preti e suore. Moretti ha fatto sapere che il tono del racconto è quello della commedia, segnato da parentesi oscure e dolorose, ma anche da guizzi ironici, leggeri. Le riprese del film, prodotto dalla Sacher Film e da Fandango in collaborazione con la francese Le Pacte, una formula internazionale che garantisce, come sempre, la totale libertà espressiva dell’autore, dovrebbero andare avanti fino a maggio.

L'amore di Cicchitto per gli incendiari



"L'amore vince sull'odio". "C'è chi semina odio". Con questi messaggi ecumenici, dal vago sapore evangelico, Fabrizio Cicchitto, tessera Loggia Propaganda 2 numero 2232, data di iniziazione 12 dicembre 1980, oggi maggiorente del Pdl, indica le quinte colonne della disinformazione settaria.
Eccoli nell'ordine i network dell'odio: "Gruppo Editoriale L'Espresso-Repubblica, Il Fatto Quotidiano, l'Unità, Annozero, l'immancabile Marco Travaglio". Cicchitto è ormai diventato il watch the dog di chi lancia strali contro il premier, scimmiottando chi già ha fatto carriera nel ruolo. Lungi dal fare una difesa del giornalismo corporastivista e schierato dall'altra parte o dal difendere, forse dovrebbe ricordare qualche timida frecciata, scagliata dalle emittenti e dagli organi di stampa corifei del padrone politico di riferimento. Ha fatto bene comunque a precisare che i suoi bersagli non erano Pd e Udc. Non si sa mai, potrebbe sempre servire un appoggio o un'astensione sul processo breve. Il diavolo è nei dettagli.

Rete, bufale e teorie complottiste

I fedayn del Cavaliere, truppe senza odio e senza macchia

12 dicembre 2009

Vendola si candida



Spaccone, bulletto irriverente, emblema dell'Italia cafonal, silviopellico de noantri, uomo accecato dal denaro...A giudicare da questa patetica scenata irradiata nell'etere dalla trasmissione televisiva Matrix condotta da Alessio Vinci, Fabrizio Corona è solo un millantatore che ha bisogno di un'equipe di psichiatri per limitarne l'ego espanso nell'universo.

09 dicembre 2009

L’orribile pagina di FB contro Falcone e Borsellino, e i fessi che ci cascano



dal sito giornalettismo.it

Finché la cosa rimane un gioco su Facebook, può anche andare: ci sta che qualcuno si diverta alle spalle degli altri aprendo un gruppo contro Falcone e Borsellino, per ammirare le reazioni indignate di chi ci casca. Ci sta anche che uno dei partecipanti al gruppo alleghi questa immagine, in cui si vede la testa di uno dei due magistrati appiccicata sul corpo di Willy il Coyote, il quale è intento a dar fuoco alla miccia del razzo che lo lega mentre Totò Riina Bernardo Provenzano (mi si fa notare nei commenti, n.d.r.) osserva compiaciuto il tutto dal cocuzzolo della montagna. Ci sta quindi che la bacheca del gruppo ospiti una serie di messaggi nelle bacheche di persone arrabbiate, o per meglio dire: che ci sono cascati con tutte le scarpe.

Quello che invece non ci sta è che ci caschi con tutte le scarpe un’agenzia di stampa, di professionisti pagati per fare informazione, e che poi un testo allarmato faccia il giro della rete, finendo persino sul Corriere: “Web: pagina contro Falcone e Borsellino su Facebook – 09 Dicembre 2009 17:45 CRONACHE – MILANO – Una pagina su Facebook in cui Falcone e Borsellino sono stati definiti “falsi eroi”. Il promotore dell’iniziativa, anonimo, usa lo pseudonimo “La stella della Senna”: nello spazio riservato alle informazioni si legge che la pagina e’ “dedicata a chi come me odiava Falcone e Borsellino, morti per sete di fama”. Le reazioni degli utenti di Facebook sono quasi tutte di sdegno, i “post” pubblicati iniziano quasi tutti con un “vergogna“.

Ora, uno può capire tutto. Anche che si creda che sia serio, un gruppo pensato “Per chi come me odiava e odia Falcone e Borsellino,morti per sete di fama”, che dice che in ufficio ha “la cupola” e mette Boom tra le ultime notizie. Lo si può credere per un attimo, forse per due. Lo si può credere anche se l’autore del fotomontaggio – Alessandro Pestini - è iscritto alla fan page di Radio Troll (non vi dice niente questa parola, eh?). Ma che questa cosa faccia il giro (12mila risultati su Google in un paio d’ore, ma solo dieci per il risultato tra virgolette, per fortuna) senza che nessuno se ne accorga, è davvero tragico.

Lega cristian-padana



C'è stato un tempo in cui i leghisti si sposavano con rito celtico (come dimostra l'esemplificativa foto delle nozze un giovanissimo Roberto Calderoli), in altri tempi sono diventati più moderati, fino a difendere il crocifisso e a volerlo addirittura apporre sulla bandiera tricolore, quale vessillo e simbolo delle radici cristiane della patria italiota. E pensare che Bossi disse che la bandiera poteva assolvere benissimo alle funzioni della carta igienica. Ma forse era il gemello del Senatur che chiede udienza alle stanze vaticane per i soliti distinguo dell'agone politico.

E' di questi giorni la polemica contro l'arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, che ha spesso preso posizione sulla questione dell'accoglienza ai migranti. In fondo anche Gesù era un migrante. Non molto rispetto alle aperture progressiste e alle visioni alate del Cardinale Martini, ma pur sempre un'apertura. Ovviamente il verbo populista e druidico della Lega non è stato conforme alle sparate del partito di Bossi in tema di immigrazione.

03 dicembre 2009

Silvio l'inaffondabile: mezza Italia voterebbe ancora per lui



Sondaggio sorprendente del Sole 24ore, specie per chi parla di imminente bolla, deriva e/o piano inclinato, preludio della fine del berlusconismo. Dopo crisi, disoccupazione ed escort mezza Italia pronta a rivotare Berlusconi. L'ultimo sondaggio: Pdl al 38% (più 2,7 sulle europee) Lega al 10, Pd al 30,5 (più 4,4) Mezzo punto in meno per Di Pietro e per Casini.

Cala l'estrema sinistra Giovani, operai e lavoratori autonomi guardano a destra. Dopo tutto sembra avere ragione Pierluigi Bersani quando dice che la sinistra deve imparare a parlare al popolo di Rete 4 e recuperare il link con la gente comune, oltre che il suo retroterra, ma questo è un altro problema. Tutto il Paese, da Aosta ad Agrigento, tributa ancora lunga vita a Silvio l'arcitaliano.

02 dicembre 2009

Silvio nella Repubblica delle Banane



"L’Europa sta guardando alla Bielorussia ma Silvio ha superato tutti. Il premier italiano è carismatico e vivace. Gli vengono sferrati attacchi per le sue vicende giudiziarie e le avventure con le donne ma è un politico forte". Sono parole di Aleksandr Lukashenko: un nome, una garanzia. Silvio Berlusconi non smentisce la vena scanzonata che lo aveva reso un ottimo intrattenitore sopra le navi da crociera: "Devo andare a Panama"; poi ha chiesto al presidente panamense "un'accoglienza come si deve"; infine ha detto che gli mancheranno "Repubblica, l'Unità (magari l'edizione del Giornale di Feltri gli arriverà tramite Blackberry n.d.r.) e i pm" ma, ha concluso "cercherò di sopravvivere ugualmente". Intanto due donne vicine al premier Silvio Berlusconi avevano acceso dei conti correnti bancari fittizi, utilizzati da un esponente della mafia pugliese, trattasi della parlamentare Pdl Elvira Savino, indagata per aver agevolato il riciclaggio e dell'ape Sabina Beganovic, che non risulta indagata, ma era intestataria, secondo l'accusa, di "uno dei sei conti correnti nella filiale di Bari-Palese della banca Antonveneta". Silvio intanto parteciperà all'abbattimento dell'ultimo diaframma della galleria Barritteri dell'autostrada Salerno-Reggio. La galleria fa parte del V macrolotto dei lavori di ammodernamento dell'A3, tra Scilla e Gioia Tauro. Un budello di un paio di metri. Cosa non si fa per non partecipare a un'udienza del Processo Mills? Ma il Premier non aveva promesso di difendersi ai processi dopo la bocciatura del Lodo Alfano? In fondo non c'è bisogno di espatriare a Panama, una dependance extraterritoriale è in Italia.

01 dicembre 2009

Il fuori onda del compagno Fini



Il sito di gossip Dagospia lo chiama, sbeffeggiandolo per il suo passato in cui si scagliava contro gli immigrati e faceva dichiarizioni di matrice neo-fascista, Gian-menefrego Fini. Questo fuori onda non aggiunge nulla al pensiero che la Terza Carica dello Stato ha esternato più volte in questi mesi. Ovvero il tentativo di costruire una destra credibile, moderna, europea che affronta i problemi avulso dalla demagogia berlusconiana o dal populismo urlato leghista e di mantenere l'equilibrio che il ruolo di raccordo con il Capo dello Stato impone, in linea con la linea tenuta in passato dal suo predecessore (in termini di area politica) Pierferdinando Casini.

A parte aver definito "creativo" il fondatore del movimento Ammazzateci tutti, il pensiero finiano non si arricchisce di molto con questo video rubato a un convegno in quel di Pescara, anzi rende più verosimili le affermazioni fatte in privato e riportate da Feltri con grande evidenza: "Non sono un Gasparri o uno Schifani" (uno scendiletto berlusconiano, uno yesman). Pochi giorni fa Berlusconi aveva lanciato un ultimatum: "Chi non è d'accordo con la linea del Pdl è fuori dal partito". Il suo bersaglio era Fini, martoriato quotidianamente dal Giornale di famiglia, nemmeno fosse l'ultimo dei comunisti, quasi sempre in disaccordo con Silvio.

Secondo i nemici interni Fini è un generale senza esercito. Può contare solo su una minoranza di fedelissimi. Negli equilibri decisionali del partito, la cosa ha un suo peso. Come ha ammesso Umberto Bossi, senza Berlusconi è difficile prefigurare un futuro politico per l'ex Delfino di Almirante. Senza Berlusconi appunto. La sua credibilità si è accresciuta di molto, come il feeling con D'Alema. Autorevoli politologi ed analisti sostengono che Fini potrebbe essere un leader, approfittando del vuoto lasciato dalla sinistra, del Partito democratico, che come al solito, vuole fare da salvagente al legittimo impedimento berlusconiano (come dimostra l'intervista di Enrico Letta al Corriere). Su una cosa il ragionamento di Fini è sensatissimo se il quadro delle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, che sarà ascoltato dai magistrati il 5 dicembre prossimo dovesse dipingere un contesto a tinte fosche, con un coinvolgimento diretto del premier nelle stragi, la situazione diverrebbe molto più fluida e allora tutto potrebbe rimettersi in gioco.

30 novembre 2009

Caro papà, perché non te ne vai tu? La risposta di un precario a Celli (attos secondo)



dal blog Giornalettismo.com

Caro raccomandato politico, perché se ha diretto la Rai deve per forza essere stato affiliato, o quantomeno simpatico a qualche partito, nonché attuale direttore della Luiss, che per chi non la conoscesse è la più esclusiva università privata di Roma a cui accedono soltanto i figli di persone facoltose, vista la retta che viene chiesta per l’iscrizione, le scrivo per chiederle se non le sembra stucchevole, ipocrita e in un certo senso crudele propinarci una lettera a suo figlio in cui gli consiglia di cambiare nazione perché la nostra è marcita e dentro non ci troverà opportunità per esprimere il suo valore. Vede, dottor Pierluigi Celli, non solo non riesco a provare la minima empatia per quello che dovrebbe essere un supposto dramma, ma non riesco a vederla nemmeno come vittima e con lei non vedo come vittima suo figlio, sicuramente persona degna di lode che non mi permetto di giudicare, non conoscendolo. Il problema è che, con rispetto parlando, lei e quelli come lei siete la metastasi, il tumore che andrebbe rimosso per ricreare quella speranza ormai patrimonio dei dormienti. Lei vede un’Italia diversa da quella che aveva sognato, ma quanto ha fatto per cercare di renderla somigliante al sogno? Quante volte ha rifiutato il compromesso pur di non tradirla? Oppure, vista la posizione che ricopre, è soltanto uno di quelli che, arrivati a un’età veneranda avendo succhiato il succhiabile, ora sente la necessità di sentirsi un ribelle a un sistema di cui è uno dei mattoni? Perché invece di scrivere una lettera del genere non abbandona il suo posto? Perché ha accettato in passato tutti i compromessi del caso per raggiungerlo? In quanta di quella malattia che oggi denuncia si è imbattuto nel suo percorso professionale o, più semplicemente, di vita? Quante volte ha cercato di essere medicina e ha rifiutato di mettersi dalla parte del virus? Mi dica per favore, sono sinceramente curioso di saperlo. Come sono curioso di sapere perché, compreso il dramma, non fa qualcosa per trasformarsi in simbolo del cambiamento.

In effetti ammetto che potrei sbagliarmi. Non conoscendola direttamente, ammetto anche che lei potrebbe essere la persona migliore del mondo. Magari sono soltanto io il problema e mi sto lasciando trascinare dal rancore. È che vedere le ingiustizie che quotidianamente devo mandare giù e che devono mandar giù persone che mi sono vicine, denunciate da chi sembra tutt’altro che innocente nell’averle fatte diventare sistema, anche solo avendolo accettato in quanto tale, fa male. Come fa male vedere un quotidiano come La Repubblica che le dà voce, quella voce negata a tanti altri nessuno che non possono permettersi di consigliare ai figli di emigrare perché non avrebbero mezzi per aiutarli. Quella voce negata alla vita di tante persone ridotte a un silenzio che sta creando una massa d’odio profondo e non mediato. Sa da quanti anni va avanti quello che lei chiama “schifo”? Conosco grandi persone diventate nulla e delle nullità assurte alla gloria spinte dal cognome. Ma sto diventando banale… e sa perché sto diventando banale? Perché sono anni che sento questi discorsi e sono anni che di tanto in tanto trovo denunce come la sua fatta da gente come lei sulla pelle di persone come me. Ormai la denuncia dello schifo fa parte della retorica dello schifo stesso e non riesco più ad accettarla in quanto tale, perché non produce alcun cambiamento. È un lamentarsi fine a se stesso. O forse è un modo per far notare a chi di dovere che suo figlio è sul mercato e ha bisogno di un lavoro che non sia in un call center a 600€ al mese per otto ore al giorno di lavoro?

Immagino che se suo figlio ottenesse una raccomandazione per qualche posto di prestigio, lei gli consiglierebbe di non accettarla. Immagino anche che farebbe nulla per favorirlo o per fargli ottenere un ruolo di rilievo in questa società che gli consiglia di lasciare, come nulla fanno tanti padri come lei che denunciano per poi farci trovare i loro ‘cari’ in mezzo ai piedi, lasciando agli altri solo le briciole. È piuttosto recente una campagna elettorale in cui si è parlato spesso di meritocrazia e non credo di doverle illustrare com’è andata a finire. Sinceramente non le voglio chiedere lo sforzo eccessivo di tornare sui propri passi e nemmeno voglio chiederle di aspirare al martirio per fare contenti i morti di fame come me. Le chiedo soltanto il silenzio e il rispetto dovuto ai molti a cui la vita non dà accesso a Repubblica per i propri sfoghi familiari.

In fede

Un blogger precario

"Figlio mio lascia questo paese"

di Pier Luigi Celli, già dirigente Rai e attuale direttore della Luiss

Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.

Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l'idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai.
Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.

Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E' anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l'Alitalia non si metta in testa di fare l'azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell'orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d'altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l'unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.

Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po', non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato - per ragioni intuibili - con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all'infinito, annoiandoti e deprimendomi.

Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.

Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.

Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze.

Preparati comunque a soffrire.

Con affetto,
tuo padre
PIER LUIGI CELLI

Su questo sito si possono trovare le storie di giovani italiani emigrati all'estero che ce l'hanno fatta.

29 novembre 2009

Sciascia e le pietre miliari di Regalpietra



A 20 anni dalla sua morte, Leonardo Sciascia è ancora uno scrittore attuale e attualizzabile nelle esemplificazioni che riguardano le storture e le dinamiche politico-scoiali di questo bendetto assurdo, Belpaese. Senza fare grandi divagazioni letterarie sull'attività di scrittore e saggista, basta solo qualche aforisma per testare la qualità e la profondità sociologico-speculativa contenuta nei libri dell'autore siciliano. In queste tre citazioni si può cogliere la sua lucidità spregiudicata, nonché la capacità di divinazione dei suoi colpi di penna.

I siciliani – dice il Di Castro – generalmente sono più astuti che prudenti, più acuti che sinceri, amano le novità, sono litigiosi, adulatori e per natura invidiosi; sottili critici delle azioni dei governanti, ritengono sia facile realizzare tutto quello che loro dicono farebbero se fossero al posto dei governanti. D'altra parte, sono obbedienti alla Giustizia, fedeli al Re e sempre pronti ad aiutarlo, affezionati ai forestieri e pieni di riguardi nello stabilirsi delle amicizie. La loro natura è fatta di due estremi: sono sommamente timidi e sommamente temerari. Timidi quando trattano i loro affari, poiché sono molto attaccati ai propri interessi e per portarli a buon fine si trasformano come tanti Protei, si sottomettono a chiunque può agevolarli e diventano a tal punto servili che sembrano nati per servire. Ma sono di incredibile temerarietà quando maneggiano la cosa pubblica e allora agiscono in tutt'altro modo… E prima aveva avvertito: la Sicilia è stata fatale a tutti i suoi governanti; e la maggior parte di essi ha lasciato sepolta in quel Regno la reputazione in modo tale che nemmeno nella posterità ha potuto mai più risorgere. (da Sicilia e sicilitudine, pp. 961-962)

«Io» proseguì don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre... [...]».

"Forse tutta l'Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l'ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l'Italia, ed è già oltre Roma…" (Opere – 1956.1971, p. 479).

26 novembre 2009

Sandro Pertini: appello ai giovani

Spero che le venga il cancro

La maleducazione e il priapismo ministeriale sono stati lo stigma distintivo delle azioni politiche di Ignazio La Russa.

Salve,
sono un ragazzo di 31 anni che da due anni lavora e vive a Barcellona.

Premetto che purtroppo non abbiamo filmati ne' una documentazione audio circa l'accaduto, perciò posso solo limitarmi a raccontarlo.

Erano circa le 17 di martedì: io e i miei colleghi di lavoro ci godevamo gli ultimi minuti di pausa prima di tornare al lavoro. Improvvisamente qualcuno riconosce una nota fisionomia, la figura di un signore seduto al tavolino di un bar di Plaza Catalunya...

"E' La Russa!"

E che cosa faceva il nostro ministro li', a pochi metri a godersi la mite temperatura catalana?

Ma, chiaro, era venuto a vedere la "sua" Inter, impegnata nella partita di Champions contro il Barcellona (solo un'ipotesi, inizialmente, poi praticamente confermata da lui stesso).

Bene, per farla breve, qualcuno di noi non ha resistito, vista la ghiotta occasione, e si è così avvicinato al Sor Ignazio...

Questa la sua frase (ovviamente una provocazione, legittima, anzi, dovuta):

"Salve Ministro (stringendogli la mano), spero che la partita le vada male, così come sta andando male il nostro Paese guidato dal suo Governo..."

Una provocazione, certo, ma, garbata, mi pare...
Ed ecco l'incredibile risposta del signor Ignazio La Russa, ricordo MINISTRO DELLA DIFESA DELLA REPUBBLICA ITALIANA:

"Ed io spero che LE VENGA UN CANCRO..."

UN CANCRO.

Questa la vergognosa risposta di un MINISTRO alla provocazione di un cittadino italiano, un ragazzo di 26 anni.

"SPERO CHE LE VENGA UN CANCRO".

Bè, lo so che non c'è nessuna prova o documento ma noi qui siamo in molti a poterlo testimoniare (eravamo un poco lontani ma eravamo li').

Credo che si debba cmq sapere (anzi, forse meglio dire "ribadire") quale sia la caratura e il livello di chi in questo momento ci sta governando, l'arroganza, la maleducazione, la "violenza" verbale che questi signori si permettono di utilizzare nei confronti dei propri cittadini (di parte avversa, s'intende, ma pur sempre cittadini...)

Fine della storia, spero che venga diffusa il più possibile, almeno sul web.

Marco Pidalà
Davide Sellari
Barcellona

Tutte le bugie di Berlusconi

24 novembre 2009

Rumors di palazzo e messaggi a reti unificate

tratto da Il Congiurato - L'Unità

...Tremonti ha in mano le chiavi dell'immunità di Berlusconi ed è semplicemente questa la ragione della sua intoccabilità. Gianfranco Fini ha infatti posto una condizione per dare il via libera a un iter molto accelerato per il processo breve: che alla Giustizia vengano assegnati fondi aggiuntivi. Solo così quella legge potrà conservare una parvenza di riforma di sistema e diventare commestibile per gli ex di An. Il concetto sarebbe stato esposto da Fini in persona a Tremonti. È chiaro dunque perché l'uscita di Brunetta. E ha molto irritato il premier. Ci mancava solo questa grana dopo i problemi posti dal solito Fini, il no delle opposizioni e i dubbi del Quirinale. Condizionando il suo sì sul disegno di legge salva Berlusconi all'aumento dei fondi per Via Arenula, Fini ha dato a Tremonti una golden share che il ministro dell'Economia ha subito fatto valere nel suo colloquio con il premier. Per questo tutta la squadra di governo si è schierata con lui e per lo stesso motivo, alla vigilia della discussione vera sulla Finanziaria, il ministro dell'Economia ha ottenuto la gestione esclusiva del tesoretto derivante dallo scudo fiscale. Fatta ovviamente eccezione per il ministero della Giustizia. Finanziaria ad personam.

23 novembre 2009

Un chirurgo per curare i mali della Calabria



Magari si scoprirà che è una bufala, una battuta di spirito, l'ennesimo slogan del partito-azienda applicato alla politica. Bernardo Misaggi, 55 anni, calabrese di nascita, primario di chirurgia vertebrale all’istituto Pini di Milano, che ha avuto niente popò di meno che l'onore di curare la madre Rosa, si candida a governatore della Calabria, avrebbe ricevuto il placet di Silvio Berlusconi in persona. Indubbiamente parlano per lui gli altissimi meriti sul campo.

In realtà il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti (pupillo di Gasparri) è in campagna elettorale da un bel pezzo (per quanto osteggiato nelle province di Cosenza), si profilerebbe una fronda con l'ala aennina è l'ennesima riprova del grumo di interessi e personalismi che muove le scelte del premier. Nessuna preclusione per i medici che curano(?) i mali della politica. Di questo passo, tra un paio di mesi un cavallo potrebbe essere nominato senatore come ai tempi dell'imperatore Caligola.

22 novembre 2009

Lo spot di Le Monde sfotte Berlusconi

Il global warming e le balle spazial dei negazionisti



Il global warming e le balle spazial dei negazionisti. A volte ci riprovano. Giungono notizie sconvolgenti dopo l’attacco informatico (o semplice fuga di notizie ) interna all’Hadley Centre, uno dei maggiori istituti internazionali deputati allo studio del clima, e fortemente affiliato all’IPCC, il pannello intergovernativo voluto dall’ONU per monitorare gli studi sui cambiamenti climatici.
Venerdì 20 novembre oltre 1.000 mail e circa 3.500 documenti riservati vengono immessi in rete attraverso un sito russo FTP. Si tratta di mail private, in cui gli studiosi dell’Hadley Centre (e non solo) si scambiano opinioni e giudizi operativi, oltre ai documenti scientifici. Che questo argomento possa essere usato per ridimensionare l'effettiva portata delle previsioni dei climatologi, è lapalissiano.

21 novembre 2009

«Beni confiscati, venderli una sconfitta per lo Stato»



Rognoni: emendamento atto molto grave che non ha giustificazioni

dal sito Liberainformazione.it


C'era nel 1982 quando il Parlamento introdusse una norma destinata a fare la storia della lotta alla mafia in questo Paese. C'era nel 1996 quando una raccolta di firme promossa da Libera portò con un milione di adesioni all'approvazione della legge 109/96, sul riutilizzo sociale dei beni confiscati. C'era infine, quando la mafia aprì il fuoco contro Pio La Torre, ideatore della legge che prevedeva la confisca dei beni ai boss. Virginio Rognoni, tre volte Ministro e sino al 2006 vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, co-firmatario della legge Rognoni - La Torre, che ha introdotto in Italia la confisca dei beni ai mafiosi, assiste incredulo a quello che sta accadendo in questi giorni con l'approvazione alla Camera di un emendamento alla Finanziaria che consentirà la vendita dei beni confiscati.

Dopo quasi trent'anni da quel primo atto coraggioso che costò la vita ad uno degli uomini politici più impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, oggi c'è il pericolo che quella legge venga svuotata se al Senato si darà seguito agli intenti del Governo. "Quello che si sta compiendo è un atto molto grave che non ha giustificazioni - dichiara Virginio Rognoni - quell'emendamento rende vana la battaglia che a suo tempo fu condotta per arrivare alla norma che istituì in Italia la confisca dei beni ai mafiosi e fa altrettanto con l'impegno profuso dalla società civile nel 1996, quando su proposta di Libera, furono raccolti in tutta Italia un milione di firme per chiedere il riutilizzo a fini sociali e istituzionali di quei beni confiscati" .

" La mafia - prosegue Rognoni - potrebbe riappropiarsi di quei beni e tornarne in pieno possesso. Se questo emendamento dovesse essere approvato sarebbe una sconfitta pesante dello Stato e della società civile nella lotta alla criminalità organizzata". Da 48 ore cittadini, giornalisti, politici, esponenti della magistratura, amministrazioni e molti altri dal mondo della cultura stanno firmando l'appello lanciato da Don Luigi Ciotti (www.libera.it) per chiedere che quell'emendamento venga ritirato.

Le parole di Virginio Rognoni oggi sono un monito importante contro questa scelta che mette a rischio un'intuizione preziosa che dal '96 in tutta Italia ha visto rinascere l'economia e il tessuto sociale di territori prima soffocati dal controllo delle mafie.

19 novembre 2009

Il condono perenne: corrompo dunque sono


“Corruzione” è lo slogan della vita americana oggi. E’ la legge, quando non si rispetta altra legge. Sta minando il paese. In tutte le città, i legislatori onesti si contano sulle dita delle mani. Quelli di Chicago, poi sulle dita di una mano sola! La virtù, l’onore, la verità e la legge sono scomparsi. Siamo tutti imbroglioni. Ci piace “farla franca”. E se non riusciamo a guadagnare il pane in modo onesto, lo facciamo in un altro modo. Al Capone

A tanti anni di sitanza questo discorso può essere attualizzato. Nella classifica che Transparency International, l'organizzazione non governativa che studia l'indice di corruzione nei vari paesi del mondo, pubblica ogni anno sul proprio sito web, l'Italia su 180 paesi, dopo il poco edificante 55° posto dello scorso anno, è scesa ancora di 8 posizioni piazzandosi 63°. Più sotto della Penisola in Europa ci sono soltanto Grecia e Romania. Tangentopoli non è mai esistita e il sistema delle bustarelle gode ancora dell'indulgenza plenaria.

18 novembre 2009

La canzone di Mariastella

Luca Casarini: da no global a padroncino del Nordest



Per la serie a volte ritornano e per i delusi che pensano ancora che Luca Casarini (storico leader dei disobbedienti) sia vivo e lotti insieme a noi, ecco la versione che non ti aspetti.

Il capo carismatico delle tute blu, oggi quarantaduenne, autore di innumerevoli raid no global e indagato in una serie innumerevole di procedimenti penali per banda armata, sovversione di Stato, collezionista di guai giudiziari di ogni genere. Da Marx alla partita Iva, dalla violazione della zona Rossa all'abolizione dell'Irap, di rivoluzionario è rimasto solo il nome della società di consulenza di cui è titolare: "Nexus 7". Nessun dipendente, il buon Luca svolge consulenze di marketing. "Nexus 6 era il replicante di Blade Runner, io sono il numero 7, mi ribello ancora di più".

"L'Irap è una vergogna, specie in periodi di crisi, viene tassata la produzione non il reddito", concetti ribaditi in un'intervista al La Stampa, neanche fosse un Bombassei qualunque, un esponente del popolo delle partite IVA.

Anzi, in un conato di autonomia ideologica, Casarini rivendica addirittura la distanza dallo statalismo: "Non ho mai pensato che gli imprenditori fossero vessati, qui tutti pagano in ritardo e io non so come fare a pagare gli interessi". Fino a giustificare un po' di nero: "altrimenti uno come fa a vivere". Ma del resto forse il suo percorso si poteva intuire nel suo romanzo d'esordio letterario "La parte della fortuna", il social noir edito da Mondadori. La proprietà privata non è un furto, altro che espropri proletari. Nascondo incendiari e fieri e muoiono pompieri.

17 novembre 2009

Bersani e i nodi gordiani del Partito democratico



La nuova segreteria del Pd di Pierluigi Bersani dovrà districarsi tra il dipietrismo, tentando di non farsi scavalcare al centro dall'Alleanza per l'Italia, senza perdere i contatti con il mondo della sinistra e apparire arrendevole e rispetto alle tentazioni della vocazione maggioritaria, ma neanche soft sul piano della proposta politica. Detta così è un rebus. Nel concreto basta pensare alla confusione scaturita dalla mancata partecipazione come blocco politico alla manifestazione No Cav. Altro che svolta economicistica, del neo segretario. Tempi duri per i bizantinismi riformisti. Fa bene Bersani a votarsi all'anima pia di Benigno Zaccagnini, in odore di santità secondo il cardinale Ersilio Tonini.

Mutuando le dieci domande di Repubblica il pittore-intellettuale Luciano Scateni avrebbe un decalogo da sottoporre all'attenzione dei dirigenti del Pd, che si può tranquillamente girare ai maggiorenti del partito e può essere sposato da parte di simpatizzanti, militanti e quanti hanno a cuore le sorti del centrosinistra.

1) Per due volte, il governo di centro-sinistra ha dimenticato di promulgare una legge sul conflitto di interessi che avrebbe messo fuori gioco Berlusconi. Si e' trattato di una pandemia che ha obnubilato la volonta' politica di quelle maggioranze, o di una dimenticanza per tenere ben chiuso qualche loro armadio affollato di scheletri?
2) Senza disporre di analisti geniali dell'economia, era cosi' difficile capire che il trapasso tra lira ed euro aveva in se' il rischio di dimezzare il potere d'acquisto di salari e pensioni? Quale controllo e' stato esercitato per impedire che una paga decorosa di ottocentomila lire al mese diventasse una miseria da poverta' estrema?
3) Ma davvero c'e' nel marasma del centro-sinistra la convinzione che i nostri soldati sono in Afghanistan in missione di pace?
4) Era cosi' difficile prevedere l'incompatibilita' della Binetti con la laicita' del centro sinistra?
5) Cosa pensano Bersani, Franceschini e Marino ma anche D'Alema, Fassino e compagni, del lager di Lampedusa in cui i migranti finiscono dopo viaggi a rischio di morte? Quale ostacolo ha impedito di radere al suolo quel centro di accoglienza e quale mobilitazione e' stata organizzata per impedire i famigerati respingimenti condannati dall'Europa, ma perpetuati quasi ogni giorno?
6) Guardando negli occhi qualche milione di italiani che vota centro-sinistra, il trio delle primarie avrebbe potuto dire e soprattutto fare qualcosa di sinistra, anziche' arzigogolare su escort e notti brave di Berlusconi, oscurando il dramma di chi e' in miseria e non ha lavoro, ne' futuro?
7) L'organizzazione di quel che fu il partito di Berlinguer e' capace di impedire con la mobilitazione la follia chiamata Ponte sullo Stretto a favore di scelte che impediscano nuove tragedie (Messina, l'Aquila e non solo) e diano alla Sicilia una rete ferroviaria decente?
8) Con tutto il cauto apprezzamento per alcune sortite di Fini in tema di rispetto per le Istituzioni, il centro-sinistra crede a una sua conversione democratica profonda, o finge di crederci sapendo che il presidente della Camera studia da tempo per riscuotere un premio consistente dopo il mandato di terza carica dello Stato?
9) E' lecito che in una sola casa della politica nascano a dispetto due emittenti televisive di Veltroni e D'Alema, pesi massimi del Pd, che non vede nessuno per evitare di russare profondamente?
10) Ma il Riformista non e' una costola del Partito Democratico? Qualcuno ha capito che si tratta di una quinta colonna, di una serpe covata in seno, di un mezzo di contrasto in famiglia? Agganciata a quest'ultima, la domanda: quanti e quali sono gli strateghi di un progetto a piu' voci che intende soppiantare il regime berlusconiano con una riedizione riveduta e corretta del grande centro di De Gasperi e Andreotti? Ne sa qualcosa il Pd?

16 novembre 2009



Fortunatamente è arrivato l'arresto, un po' a orologeria di Domenico Raccuglia, primula rossa di Cosa Nostra a ridare speranza alla città di Palermo. Vedere i ragazzi di Addiopzzo che cantano "La Sicilia quella vera siamo noi", "Chi non salta mafia è" (l'avevano già fatto al momento dell'arresto di Bernardo Provenzano), non è proprio un fatto di tutti i giorni. L'esortazione ai "ragazzi" delle forze dell'ordine è un segnale (prim'ancora che mediatico) di grande speranza per le terre martoriate dal crimine organizzato (è bene sottolineare che tali manifestazioni non sono omogenee in tutte le terre di mafia).

In Calabria, tanto per fare un esempio l'ex procuratore aggiunto di Reggio, oggi commissario della stazione unica appaltante Salvatore Boemi, l'aveva detto: "La gente comune lotta alla mafia senza fare il tifo per le forze dell'ordine".

Pochi giorni prima, la Monnezza palermitana era tornata d'attualità nel panorama dell'informazione. Il Fatto Quotidiano aveva intervistato il regista Franco Moresco che si era espresso in termini molto critici sul degrado raggiunto dalla città siciliana: "L'immondizia è lo specchio dell'imbarbarimento della popolazione. E di chi è la colpa? Di chi ha sopravvalutato il cittadino palermitano, che non possiede nel suo dna il senso della comunità, dello stare insieme. Intendiamoci, gli amministratori dovrebbero essere presi a schiaffi o a calci per quello che fanno, ma da sempre i palermitani scelgono la clientela come strumento di soluzione dei problemi propri e della propria famiglia. Prima Cuffaro, poi Cammarata, prevale sempre una visione clientelare della politica e dell'esistenza. E questi sono i risultati.... Parafrasando Pasolini, speranza è una parola che ho cancellato dal mio vocabolario. Dopo le stragi questa città ha avuto la possibilità di cambiare, ma non ha fatto nulla. Le iniziative di cambiamento hanno solo una funzione di facciata, un valore mediatico. Non fanno più paura a nessuno, sono un giochino che dura lo spazio di un apparizione in tvo di un pezzo sui giornali. E se le speranze sono riposte in questa nuova sinistra, stiamo freschi".

Speriamo che l'apocalittico coautore di Cinico Tv (insieme a Daniele Ciprì) abbia torto e non per aver voluto occupare l'unico posto libero.

13 novembre 2009

Del lungo addio di Eluana



E così tutta quell'indegna canea montata ad arte sul caso Englaro è stata organizzata su un dato non veritiero. Un'indegna gazzarra orchestrata sulla pelle di una persona, Eluana, ridotta a un vegetale, che non poteva risvegliarsi per via del danno irreversibile riportato nel lontanissimo 1992.

E pensare che qualcuno molto in alto, pronosticando cortocircuiti istituzionali, aveva sostenuto che la Englaro avrebbe potuto avere un figlio. Requiescat in pacem, dicono i preti nelle messe in latino. Del testamento biologico non importa niente a nessuno. Non è funzionale a speculazioni, di carattere extradialettico.

11 novembre 2009

Lutto in campo per "Gambazza"



Antonio Pelle di 77 anni, considerato uno dei boss piu’ potenti della ‘ndrangheta di San Luca, e’ morto pochi giorni fa all’ospedale di Locri. Il decesso dopo un infarto. Pelle, conosciuto come ”’Ntoni gambazza”, latitante dal 2000, era stato arrestato il 12 giugno scorso dai carabinieri del Ros. Condannato a 16 anni di reclusione per sequestro di persona, traffico di stupefacenti ed associazione mafiosa. Il suo nome era nell’elenco dei 30 ricercati piu’ pericolosi d’Italia.

Tre giocatori della squadra locale, il San Luca che gioca in prima categoria sono scesi in campo con il lutto al braccio per la morte del capo clan. Uno dei tre aveva rapporti di parentela con il boss. Un’iniziativa della quale, comunque, la societa’ era all’oscuro, tanto che nessuno degli altri giocatori ha messo il nastro nero.


Rammaricato per il gesto don Pino Strangio, parroco del paese preaspromontano e presidente della societa’ di calcio. ‘’Non ne sapevo niente - ha detto stamani all’Ansa don Strangio - ed ovviamente se l’avessi saputo sarei intervenuto per impedirlo’’.

08 novembre 2009

"Caro Saviano, scusa se insisto. Questa è la nuova Resistenza"


di Claudio Fava

Caro Saviano,
due giorni fa a Napoli ho chiesto pubblicamente la tua disponibilità a candidarti per la presidenza della Regione Campania. Non è stato uno sgarbo né una forzatura ma una necessità civile. Perché a Napoli, fra qualche mese, ci giochiamo non solo il destino della tua regione ma un’idea di nazione. Chiamata stavolta a decidere di sé stessa: se pensa cioè di potersi riscattare dal giogo delle mafie e dei sospetti, dai furti di verità e di memoria, dall’impunità che s’è fatta sistema. O, altrimenti, se questo paese si è ormai arreso alla forza degli eventi, al corso inevitabile delle peggiori cose.

Il candidato che la destra quasi certamente presenterà si chiama Nicola Cosentino, sottosegretario del governo Berlusconi, uomo forte del PDL in Campania e «uomo a disposizione dei Casalesi», secondo le dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia, acquisite dalla Procura di Napoli. Falso, dice Cosentino. Vero, dicono i suoi accusatori. Possibile, dicono i giudici che l’hanno iscritto nel registro degli indagati. Chiunque al posto suo avrebbe fatto un passo indietro fino a che non fosse spazzata via l’ombra di un sospetto così lacerante. Chiunque: non Cosentino. Che continua a fare il sottosegretario e oggi si candida a governare la sua regione. Io c’ho i voti, fa sapere: e noi gli crediamo. Peccato che i voti da soli non bastino per restituire limpidezza alle storie degli uomini.

Che si fa, dunque, se Cosentino e il suo partito sceglieranno di sfidare il senso della decenza? Gli si contrappone un notabile di segno politico contrario? Si va in cerca d’un candidato comunque, purché abbia il cartellino penale pulito? Si derubrica questa elezione come un fatto locale, una cosa di periferia? E pazienza se poi colui che rischia di vincere andrà a governare in nome dei voti suoi e di quei sospetti... Io dico di no. E per questo, caro Saviano, se Cosentino dovesse candidarsi, ti chiedo di fare la tua parte accettando di candidarti anche tu.

Conosco già la tua obiezione che è stata anche la mia per molti anni: che c’entro io con la politica? Quando ammazzarono mio padre, pensai la stessa cosa: la mia vita è qui, mi dissi, continuare il mestiere suo e mio, scrivere, dire, capire. Perché la scrittura, una scrittura disposta a mettere in fila nomi e fatti, è un impegno civile capace da solo di riempire una vita. Vero. Poi però arrivano momenti della vita in cui capisci che ti tocca far altro. E fare altro, fare di più, a volte vuol dire la fatica della politica, affondare le mani e la vita in questa palude per provare a portarci dentro un po’ d’alito tuo, un po’ della tua storia, un po’ della tua sregolatezza, un po’ dei tuoi sogni. Non inventiamo nulla, caro Saviano.

Ci fu una generazione di ragazzi, nel ’43, costretti dalla notte all’alba a improvvisarsi piccoli maestri delle loro vite. Lasciarono le case, le donne, gli studi e per un tempo non breve si presero sulle spalle il mestiere della guerra. Se siamo usciti dalla notte di quella barbarie, lo dobbiamo anche a loro.

Anche questo è un tempo in cui occorre trovare il coraggio e la spudoratezza di fare altro. Di inventarsi altre vite. E di misurarsi con mestieri malati, com’è quello della politica. So che adesso qualcuno s’imbizzarrirà: che c’entra la resistenza con la lotta alle mafie? Che centrano i nazisti? Che c’entra Casal di Principe? Io invece credo che tu capisca. In gioco è il diritto di chiamarci ancora nazione. Quel diritto oggi passa da Napoli, dalle cose che diremo, dalle scelte che faremo. O dai silenzi in cui precipiteremo.