30 dicembre 2009

Craxi e l'inchiesta Mani Pulite

Laura Boldrini personaggio dell'anno secondo Famiglia Cristiana


di don Antonio Sciortino

A partire da quest’anno, Famiglia Cristiana assegnerà un riconoscimento speciale all’italiano o all’italiana dell’anno. Lo fanno, all’estero, già altre riviste prestigiose. Non si tratta di ricalcare iniziative già collaudate, per spirito d’emulazione. O nell’intento di ricalcarne il successo e richiamare l’attenzione degli altri media sul nostro giornale. Non ne abbiamo bisogno. O, per lo meno, non tramite questa via.

Intendiamo spendere l’autorevolezza del giornale, la sua autonomia e libertà di giudizio (unanimemente riconosciute), a servizio di una causa. Che non consiste semplicemente nell’individuare un nome, cui assegnare l’ambìto titolo di Personaggio dell’anno. Ma richiamare, piuttosto, l’attenzione dell’opinione pubblica su temi di grande rilevanza e attualità, tramite il volto, la storia e l’impegno di chi, anno per anno, verrà indicato dalla Direzione e dai giornalisti di Famiglia Cristiana. Scelte non ovvie e scontate. E personaggi che potranno (o dovranno) far dibattere. O anche disturbare , mettendo in crisi pregiudizi e false certezze.

Per il 2009, dopo un ampio giro d’orizzonti, la scelta è andata all’unanimità a Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. I motivi? Il costante impegno, svolto con umanità ed equilibrio, a favore di migranti, rifugiati e richiedenti asilo. E, soprattutto, la dignità e la fermezza mostrate nel condannare, l’estate dello scorso anno, i respingimenti degli immigrati nel Mediterraneo. Resistendo anche agli attacchi di chi voleva delegittimarla, definendola estremista . E assieme a lei, liquidare l’Unhcr, uno degli organismi dell’Onu più rispettato nel mondo civile, con oltre seimila impiegati, 50 milioni di rifugiati assistiti, 278 uffici in 111 Paesi, e due Nobel per la pace (nel 1954 e nel 1981).

Laura Boldrini, marchigiana, laureata in Legge, giornalista pubblicista, è in forza all’Unhcr dal 1998, dopo aver lavorato alla Fao e al World Food Programme. Coordina l’informazione per i rifugiati anche per Grecia, Malta, Cipro, Albania, San Marino e Santa Sede.

Assegnando a Laura Boldrini il titolo di Italiana dell’anno, l’attenzione va anche all’accoglienza degli immigrati nel nostro Paese. Oggi, l’Italia è divisa tra chi reagisce con indifferenza e fastidio, allarmato e impaurito dalla invasione degli stranieri, e chi si impegna, con realismo e nel rispetto della legalità, a governare il fenomeno con umanità.

L’augurio è che la scelta della Boldrini contribuisca a far prevalere la via dei diritti e dell’uguaglianza di tutti gli uomini. Al di là del colore della pelle, della provenienza e del credo religioso. Appunto, la via dei valori e della civiltà.

28 dicembre 2009

"Silvio non è più immagine, ma solo voce. Seduce come fosse la radio trasmessa in tv"



Intervista a Enrico Ghezzi, inventore di Blob - tratta da L'Unità

Piazza Duomo, Duomo, Duomo fasullo, Duomo statuetta, d'uomo, altezza d'uomo. Blob ha giocato molto su questi slittamenti di senso «perché è un'immagine che condensa un insieme di senso impressionante».
Ma ora il corpo del capo ferito si manifesta, un po' metafisicamente, con la voce
«Nella voce sola c'è una intensità molto più potente. Il rapporto interamente vocale, non dico sia automaticamente ingannevole, ma è di pervasività prodigiosa. L'immagine ha un grande potenziale di seduzione ma, al tempo stesso è più facile accorgersi di essa. Mentre la parola senza immagine è meno facile da ricostruire e da smontare, da parte nostra come spettatori», (straordinaria, e verificabile in questi giorni anche in tv, la dimostrazione chapliniana del rapporto totalmente ambiguo tra corpo voce massa immagine individuo nel Grande Dittatore). C'è anche un buon rapporto fra Berlusconi e il direttore del Tgl.«Questi elementi sovrapolitici o sottopolitici, nel senso di sovrastrutturali o di sottospecie politica, sono i meno interessanti perché si riconoscono subito. Più curioso e avvitato, da sempre, il manifestarsi del foltissimo potenziale seduttivo radiofonico annunciato e trasmesso in tv, senza prova visiva della situazione ma neanche del possibile inganno. Sentire le voci è sempre un sentire, può essere malattia, schizofrenia, ma senti. Le visioni sono friabili, di ordine più raro».
E l'immagine dell'attacco che effetto le ha fatto?
«Non è mai stata totalmente visibile, c'è sempre un po' di folla, come anche per Ratzinger. La cosa curiosa è che la folla che impedisce il riconoscimento sicuro, la folla permette la follia del complotto, di pensare il complotto».
Ma il complotto è costruito sulle immagini «È l'immagine che lo rende possibile. L'immagine è la prova ma si può sempre dire che, come prova, sia insufficiente, deludente, che nasconda altro. Il complottismo sull'I 1 settembre, per esempio, è assolutamente affascinante, c'è un continuo rovesciamento di quel che si crede di aver visto. Raramente si è vista un'immagine così centrale, centrata, in piena Manhattan, col sole non velata. Eppure è l'immagine della massima ambiguità». La voce al telefono non inganna? «Le telefonate di Bin Laden, quella voce che veniva chissà da dove... fece ro ancora più impressione. Ora vengono da Arcore e ci crediamo. In realtà Berlusconi potrebbe essere ovunque mentre parla, e soprattutto non essere lui: avere un sosia vocale è facile, e lui potrebbe stare malissimo (intanto cresce l'attesa: come sarà, caduto il bendaggio, il volto del premier già prima "al di là della plastica"). In realtà l'audio da solo è la massima vertigine della finzione, del falso. E proprio per questo da un senso di verità. Sospeso al nulla, se vogliamo. Ma molto più intenso».
E scompare l'obbligo della concretezza, di parlare di politica? «È un messaggio completamente astratto, rimane solo la concretezza della vocalità che prescinde dai contenuti. Berlusconi è bravo a usare le parole e le situazioni, lo dimostrano le sue gaffe, apparentemente autolesioniste. Non saprei mai dire cosa prevalga: se la progettazione, la sincerità, lo scatto d'ira. È una combinazione in cui la maschera diventa abissale. Più è maschera e più mostra istintività». Con la voce costruisce un rapporto di fiducia che prescinde dai contenuti «Berlusconi, come premier, mette in gioco sé stesso. Il partito dell'amore è pensabile solo se invisibile (e già era un partito fantasma). La costante del Berlusconi degli ultimi cinque anni è questa sorta di scommessa sull'immortalità mètapolitica. Tanto la politica è tessitura, delusione, consunzione, tanto in lui c'è questa concezione pericolosamente sacrale del proprio corpo/potere, che nella voce non viene meno ma anzi si estremizza».
Pericolosamente anche perché si rinette nel gesto di un folle? «Duomo, piazza Duomo, falso duomo, d'uomo, altezza d'uomo».*

27 dicembre 2009

I palloncini rossi



Gli operai non sono tornati, anzi. Lassù sui tetti, si sono isolati lontano dallo scontro pubblico

di Mimmo Calopresti da "Il Fatto Quotidiano"

Lontani, altissimi nell'alto dei cieli, direi più vicini a Dio che ai loro simili. Per raccontarci la loro crisi perenne, che qualche volta si acuisce in maniera drammatica - come succede in questo momento - alcuni lavoratori si sono allontanati da noi. Sono saliti in alto. Hanno cominciato questa estate gli operai dell'Innse, che si sono rifugiati su un carroponte. Gli ultimi, per adesso, sono stati quelli della Yamaha, appena scesi dal tetto della fabbrica di Lesmo, all'aria aperta, dopo aver affrontato il gelo polare di questi giorni di festa. In questi pochi mesi le ascese sono state tante, si sono moltiplicate, da nord a sud. Salgono sui tetti gli operai con il lavoro a rischio o con la certezza del licenziamento, con in tasca la lettera che annuncia la cassa integrazione, con la fabbrica che sta per essere venduta a non si sa bene chi o con lo stabilimento in procinto di essere smantellato. Ma non solo operai: ora su quei tetti salgono anche i cenciaioli di Palermo che si battono per poter continuare a fare la raccolta differenziata, i ricercatori dell'Ispra, gli studenti de La Sapienza che protestano conto i tagli all'università, gli insegnanti precari di Benevento, i lavoratori con contratto a tempo determinato in scadenza del eall center di Trapani.

ARISTOCRAZIA
- Tutti si sono isolati, con dignità, senza scendere nell'arena del dibattito degli scontri verbali, delle manifestazioni che sfilano sul video davanti ai nostri occhi nelle nostre tristi serate televisive, si sono allontanati dal casino solito e confusionario dell'informazione, dicono pco e poco si fanno vedere, stanno semplicemente cercando di attirare il nostro sguardo verso l'alto, quello sguardo che solitamente ci neghiamo anche durante una passeggiata dentro le nostre città. C'è dignità, aristocrazia - oserei dire - in questa scelta. Una aristocrazia acquisita in tempi lontani, in tempi di battaglie importanti, tempi forse finiti per sempre. Gli operai davanti ai cancelli della Fiat Mirafiori risucchiavano l'attrazione generale: quando entravano negli stabilimenti, nelle albe fredde e livide, trovavano gli studenti che andavano a volantinare e giovani rampolli della borghesia che li contemplavano come se avessero di fronte attori sublimi delle loro visioni rivoluzionarie. I cancelli di corso Traiano diventavano così la porta del tanto immaginato paradiso operaio. Quegli operai uscivano rincorsi nelle notti fredde dalle televisioni che volevano conoscere in anticipo ogni loro pensiero, ogni prossima mossa sindacale e, infine, avevano credito facile dai commercianti quando scioperavano per avere aumenti salariali: la loro ricchezza era ricchezza di tutti, erano il motore più potente del sogno collettivo di maggior benessere. Poi un giorno tutto finì. Andare a lavorare alla Fiat - diceva mio padre - è avere un posto sicuro, la mutua e i regali a Natale, la possibilità di fare sport e d'estate andare al mare in fila, capitanati da belle signorine che ti portavano in pineta dopo aver fatto il bagno a Marina di Massa. Quel meraviglioso mondo si trasformò in incubo: ristrutturazioni, cassa integrazione, mobilità, decentramento, globalizzazione. Sempre più diffìcile la vita. Persi per sempre i padroni, quelli che intravedevi la mattina quando entravano nello stabilimento con la macchina dai vetri scuri ma di cui conoscevi bene ogni movenza. Al loro posto, quando va bene, ora c'è una multinazionale oppure una società con sigle sconosciute e con sedi altrettanto sconosciute, i cui amministratori delegati percepiscono quegli stessi stabilimenti come pezzi di un puzzle da comporre con tasselli a costo sempre minore. Come erano fortunati i lavoratori della Fiat quando potevano andare in corteo sotto gli uffici di corso Marconi a Torino per urlare tutta la loro rabbia contro il padrone:lungo il viale risuonavano i cori "Agnelli, Agnelli vaffanculo", e l'Avvocato li ascoltava, mentre li guardava dall'alto, dietro la finestra del suo ufficio. Ma quella era un'altra epoca, era il tempo del posto fìsso. Poi il sogno del posto fisso svanì e cominciarono ad affermarsi gli ammortizzatori sociali, inutile medicamento di uno sviluppo industriale sempre più scassato, mentre il sogno viene provvisoriamente appaltato ai lavoratori stranieri, che, però, insieme al loro stupore di riuscire a mettere piede nel Paese dei reality Paese che riesce a far diventare celebri tutti, dove una serata televisiva non si nega a nessuno - ci portano un bel po' di casino, ci fanno sentire insicuri, sono sporchi e, se non stiamo attenti, ci rubano tutto. D'altronde questa situazione il nord l'aveva già vissuta. I meridionali erano arrivati in massa a cercare lavoro e a portare problemi. E' indimenticabile la lunga fila delle signore impellicciate che, sotto la sede de La Stampa, si affannavano a firmare un appello contro la prostituzione dilagante, molte di quelle donne erano madri dei ragazzi che si svegliavano alla mattina presto per andare a volantinare davanti alla Fiat. Poi, però, i meridionali si sono fatti il culo, hanno mandato i figli a scuola e si sono comprati le case in periferia - quelle case che adesso si affacciano su un campo rom - e ora si incazzano: anche loro si mettono in fila per firmare appelli contro il degrado e contro quelle brutture, loro che sono nati davanti ai più bei panorami del mondo. DOVE SONO LE FABBRICHE - Gli operai non interessano più a nessuno. Nessuno va più davanti alle fabbriche, nessuno sa più dove sono le fabbriche: ora per sapere dove è la Fiat Mirafiori, un tempo icona del lavoro operaio, ci si collega a Google Maps. Le televisioni arrivano in massa solo quando accade una tragedia. Alla ThyssenKrupp sono accorsi tutti per raccontare la tragedia più assurda dei nostri tempi: cinque ragazzi perdono la loro vita nel tempio dell'acciaio lucido, parte di una multinazionale che, con i suoi prodotti, permette a tutto il mondo di vivere con agio, ma dove la loro vita non contava niente già da tempo. Nessuno però pensa di andare nei cantieri, dove la vita dei lavoratori conta ancora meno e dove le assunzioni vengono effettuate qualche ora prima dell'attestato decesso. Gli intellettuali hanno escluso gli operai dal proprio immaginario e li hanno sostituiti con una poltiglia non ben definita di soggetti che diffìcilmente riusciranno ad affermarsi e diventare i protagonisti del prossimo futuro. Nessuno li vede più, nessuno li racconta più. Ci vorrebbe forse il Pasolini del "poema dell'immondezza", che negli anni '70 a Roma cercò di raccontare il primo sciopero dei netturbini. Ci vorrebbe il più grande attore italiano di tutti i tempi, Gian Maria Volontè, che cercò, in un Natale degli anni '70, di mettere una tenda in piazza di Spagna in solidarietà con la lotta dei metalmeccanici e che la polizia spazzò via in un attimo, nonostante la resistenza dei manifestanti. Di quei giorni è rimasto un film, "La tenda in piazza", uno dei pochissimi film da regista che Gian Maria Volontè ha girato in un anno in cui rifiutava di fare film per occuparsi di qualcosa che lo facesse sentire utile a sé e agli altri. Ci vorrebbe Ugo Gregoretti che con Omicron, un film di fantascienza, racconta l'alienazione della vita operaia con umorismo e grazia. Ci vorrebbero artisti e poeti per raccontare. Il neoralismo non è utile, forse serve solo per raccontare Gomorra, ma per riuscire a vedere quei palloncini rossi che sono volati là nel cielo, così in alto sui tetti, per farci alzare la testa ci vuole la poesia, quella poesia che è scomparsa per sempre nelle nostre vite, che abbiamo barattato con un po' di benessere immediato e apparente. Ci vorrebbe tutta la forza di quella poesia. Servirebbe anche a Termini Imerese: servirebbe un gesto poetico per risolvere quella situazione, non le pur sensate parole dell'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne, non le trattative sindacali se pur doverose, non le promesse del ministro del lavoro, per non trasformare quello stabilimento, che era nato come un giardino in una prateria di disperazione, nell'ennesima cattedrale nel deserto. Per non rottamare ancora delle vite, per non dismettere anche quegli che hanno smesso di essere funzionali all'ennesimo piano di sviluppo industriale del sud. Ci vorrebbe un gesto poetico che trasformasse la Fiat di Termini Imerese da fabbrica di automobili che nessuno vuole più, in una fabbrica di utopie utili a tutti.

26 dicembre 2009

Dagli all'untore

Nel giro di 11 giorni due aggressioni da parte di soggetti psicolabili, affetti da turbe psichiche al premier Silvio Berlusconi e al Papa Benedetto XVI. Gli autori dei gesti Massimo Tartaglia e Susanna Maiolo. L'effetto emulazione, il desiderio di visibilità, i quindici minuti di celebrità nel tritacarne mediatico, dopo che le immagini hanno fatto il giro del mondo è in agguato e diventa obiettivo non solo iconografico da parte dalla pletora sterminata di potenziali fan sparsi nel villaggio globale.

Latente nel ventre molle della società liquida, la pulsione del dagli all'untore, amplificata dai replicanti sui social network, che forniscono il destro a chi vuole limitare la libertà. “Vogliamo studiare strumenti che consentano alla magistrature di intervenire in caso di reati in Rete„, questa l'ultima sortita del ministro dell'Interno Roberto Maroni. A volte più di un codice di autoregolamentazione funzionerebbe un po' di buonsenso. Ma si sa, la mamma degli stolti è sempre incinta.

Mara Carfagna, ministro delle Pari Opporunità



di stefano facci

Chissà se Veronica quando pronunciava la mitica locuzione “ciarpame senza pudore” si stesse proprio riferendo al ministro Carfagna.
Ogni volta che in una conversazione un suo interlocutore le ricorda che è un ministro della Repubblica, sorpresa sempre come fosse la prima volta, la Carfagna strabuzza gli occhi che ormai le fuoriescono dalle orbite.

Come dice Travaglio, non essendo ben chiari i motivi che hanno portato la Carfagna al governo, siamo legittimati a pensare che possa essere alle Pari oppurtunità per meriti gastronomici.

Il Papa spinto cade e si rialza

Successful people tomorrow




No drugs, no party. Nella città dove si consumano 700mila pastiglie di ansiolitici all'anno, mentre non viene censito mai a sufficienza il fenomeno legato al consumo della cocaina overperformante, capita di imbattersi nelle sorprese natalizie dei creativi. Quelli che fanno la differenza. I guru del marketing.

In piazza Duomo a Milano, accanto a palazzo Reale, c'è un'ala in ristrutturazione. Niente di nuovo nella città-cantiere aperto, in vista dell'expo del 2015. Certi cartelloni pubblicitari superano l'immaginazione più fervida. "Billionare junior styled by Elisabetta Gregoraci, kids today, successful people tomorrow". Non poteva passare inosservato lo slogan. Michele Serra, nella sua "Amaca" prenatalizia ha colto, con l'arguzia degna dei tempi di "Cuore" quest'esempio di becerume italiota.

Serra vedrebbe bene un controcartellone con la scritta "Vadavialcù by i milanesi", "con l'uso del dialetto, ideale per dare un segnale di distensione alla Lega". Sarebbe ora di brevettare, disobbedienze collettive al consumismo demenziale, a partire dagli spot.

22 dicembre 2009

La casa prima di tutto



"La casa prima di tutto" è lo spot realizzato dal regista Mimmo Calopresti e l'attore-singer Andrea Rivera, commissionato dall'assessorato per le politiche della Casa della Regione Lazio, presieduto da Mario Di Carlo.

L'ultima lotta di Franco, vittima della mancanza di soccorsi

19 dicembre 2009

Il Ponte, il Faraone e la Fata Morgana



articolo tratto da IlManifesto.it

Si racconta che quando i Normanni nell'XI secolo arrivarono sulla punta estrema dello stivale si trovarono di fronte a una inattesa visione: la terra dei Siculi si era unita a quella dei Bruzi. Stupiti, spronarono i cavalli recalcitranti ad attraversare lo Stretto e così finirono nelle sue gelide acque, vittime di un effetto ottico di rifrazione della luce. Intuirono subito che lo scherzetto non poteva che essere stato organizzato dalla Fata Morgana , la quale doveva abitare necessariamente nel suo castello di vetro in mezzo allo Stretto. D'altra parte, di fronte sorge l' Etna, il gigante che sputa fuoco e nelle cui viscere viveva Re Artù.
Lo Stretto di Messina è un luogo peculiare in tutto il Mediterraneo, un concentrato di miti e di effetti speciali, di culture arcaiche, di paesaggi mozzafiato e di straordinari fenomeni fisici. Qui avviene lo scontro/incontro tra lo Jonio ed il Tirreno che genera le correnti più forti del mare nostrum, nelle quali importanti studi del Cnr individuano un enorme potenziale di produzione di energia pulita. Qui spiaggiano i pesci abissali, uno spettacolo unico della natura, oggetto di ricerca da parte di studiosi provenienti da tutto il mondo. Qui si ambienta e si rinnova una delle pagine più belle del viaggio di Ulisse che Omero ci ha regalato: Scilla è tutt'ora una grande roccia con aspetti mostruosi, oggi inabissata a circa cinquanta metri di fronte al castello dei Ruffo; Cariddi è un vortice tutt'ora pericoloso se ci si avvicina con una piccola imbarcazione.
Di fronte a queste meraviglie della natura chi poteva pensare di costruirci un ponte? E chi poteva solo pensare di progettare un ponte che per essere collegato alle ferrovie ed alle corsie autostradali esistenti deve mettere a soqquadro due territori di straordinaria bellezza e fragilità? Passare sopra la testa dei messinesi, bucare colline di sabbia friabile, coprire con una colata di cemento Ganzirri e i suoi laghetti salati, devastare le montagne di Scilla, gettare un'orgia di bretelle autostradali e ferroviarie per portare macchine e treni a novanta metri di altezza.
Solo un novello Faraone poteva accanirsi per realizzare un'opera così devastante, che distrugge l'economia locale , riduce l'occupazione e cancella uno dei paesaggi più belli al mondo. Naturalmente il Faraone ha al suo fianco un'ampia schiera di cortigiani, capi tribù, astrologi che non sbagliano mai. Per questo il costo complessivo dell'opera non è mai stato calcolato, la stime variano di anno in anno, in base alla configurazione degli astri e al mutare delle stagioni. Questa volta però non si tratta di costruire una piramide in un deserto, ma un'opera gigantesca in un'area ricca di natura e cultura. Soprattutto, il Faraone non sa, come non lo sapevano i celti-normanni, che questo è lo spazio della Fata Morgana, che è ancora viva e vegeta e non finisce di sorprenderci. E' lei che unisce Reggio e Messina, il nord ed il sud di questo paese, portando oggi decine di migliaia di persone di fronte alla magia dello Stretto, spostando le nuvole minacciose che incombono, inabissando nelle sue acque l'idea stessa del Ponte. Un'idea malefica, che è costata finora centinaia di milioni di euro per accrescere la platea dei servi e dei cortigiani allevati dalla Società Stretto di Messina. Un'idea malvagia, che ha provocato già lo smantellamento dei servizi di trasporto tra le due sponde, con un grave danno agli oltre seimila passeggeri che quotidianamente prendono la metro del mare, cioè l'aliscafo che unisce le due città.
Attento Faraone, sembra dire la Fata Morgana dal profondo blu dello Stretto, qui si sono inabissati i Normanni, qui in un attimo, nel 1908, si sono sbriciolate le case a cinque piani che sorgevano sul mare, qui il mito prometeico della nostra civiltà trova il suo limite invalicabile. Qui possiamo ritrovare la strada che porta alla salvaguardia degli ecosistemi e della vita sul nostro pianeta.

16 dicembre 2009

Primi tentativi di censura da parte di Google


dal sito sconfini.eu

Primi esperimenti di censura iraniano-cinese in atto sul web italiano. Per ora niente di grave, ma sembra quasi un "allenamento" in vista delle future e più repressive forme di censura che interesseranno la rete italiana, come promesso dal ministro dell'Interno Roberto Maroni. Solo fino a ieri, cercando delle immagini su google.it con parole chiave tipo: "Massimo Tartaglia", "Attentato a Berlusconi", Berlusconi ferito", Berlusconi aggredito" fioccavano nella ricerca decine, centinaia di immagini e fotogrammi del triste evento occorso in piazza del Duomo domenica scorsa.

E oggi? Niente! Tutto sparito. Per Google non esistono immagini dell'aggressore, dell'aggredito, dell'aggressione. Il fatto non è mai successo.

Sono invece presenti video e notizie sull'evento, quasi a dimostrare che è in atto una sorta di "esercizio" di censura, una sorta di prova generale. Alcuni dicono che ci vogliono mesi affinché Google metta le immagini sul motore di ricerca dedicato: ma come si spiega allora la presenza (per esempio) di questa immagine inserita sul web il giorno 7 dicembre, ovvero poche ore prima dell'attentato a Berlusconi?

Attendiamo delucidazioni tecniche plausibili e nel frattempo vi proponiamo alcuni screenshot:

Ricerca "attentato berlusconi"attentatoberlusconi



Ricerca "massimo tartaglia"

massimotartaglia



Ricerca "Berlusconi ferito"

berlusconiaggredito



A questo triste tentativo censorio fa da contraltare un'ironico risultato: nelle immagini che vengono segnalate da Google (a parte un Prodi che non ci azzecca niente) troviamo la "vittima della violenza della sinistra" in due pose che ne testimoniano l'amore che prova per tutti gli italiani. In una si vede che fa le corna e in un'altra che fa il dito medio a fianco a una divertita Michela Vittoria Brambilla. Forse però era Marco Travaglio in ginocchio che faceva del pre-terrorismo, o forse Santoro con i capelli di plastica e due chili di cerone in faccia che preparava la strada all'attentatore "scomparso" Tartaglia.

Caso d'uomo


dal blog di Sabina Guzzanti

un uomo in cura psichiatrica da dieci anni ferisce berlusconi con un souvenir. qual’è la domanda? se mi ha fatto pena vedere berlusconi ferito? sì mi ha fatto moltissima pena. ho visto il volto insanguinato. ho visto un vecchio ferito. quando è uscito per vedere in faccia il suo aggressore ho provato anche stima per la fierezza. e ho visto anche un politico credo per la prima volta. mi hanno sconvolto quelle immagini e ho provato pena anche se quest’uomo è quello che ci avvelena la vita da vent’anni. anche se ha distrutto il mio paese. provo pena nonostante tutto perché sono umana. quella stessa pena che berlusconi non ha provato per le centinaia di persone pestate a sangue a genova, per le violenze che subisco immigrati, carcerati, i manifestanti di chiaiano manganellati. sarebbero questi quelli che chiamano i “sé e i ma” ?

vuol dire che è stato introdotto l’obbligo di guardare solo quello che è inquadrato ed è vietato inserirlo in un contesto? non dico che sia stato un gesto parzialmente giustificato dal contesto. dico che la pena la solidarietà umana che io e credo molti di voi abbiamo provato non è corrisposta. ho detto che noi abbiamo repulsione per la violenza anche nei confronti di un uomo che la pratica che è il mandante di tanti gesti di violenza.

non ci sono dubbi per me. non avrei voluto che accadesse non voglio che si ripeta.

berlusconi però non è stato ferito da un’organizzazione politica, è stato ferito da un uomo isolato mentalmente sofferente. perché dobbiamo prenderci la responsabilità di questo gesto, come se in qualche modo venisse da noi?

la risposta di maroni chiudere siti internet è assolutamente arbitraria come al solito. dove sono le prove che quell’uomo si sia ispirato a internet e non al tg5?

io dico che già affermare che prediamo le distanze dal gesto crea comunque una relazione fra noi e quel gesto che obbiettivamente non esiste. al di là delle considerazioni emotive che vengono dalle immagini del capo di un governo col volto insanguinato, dal punto di vista razionale direi che è assolutamente inopportuno che berlusconi vada in giro in mezzo alla folla a firmare autografi come se fosse un divo del rock (che è pericoloso pure per loro). un uomo che ha quel popo’ di pendenze, di ombre, di accuse a cui non si è mai degnato di rispondere, che provoca continuamente insultando istituzioni, lavoratori, che licenzia chi non la pensa come lui, che soffoca il parlamento, che impone i suoi gusti forti a tutti noi che ci vada o no, a quest’uomo non si può permettere di stare in mezzo alla folla perché è assolutamente imprudente.

Habemus papam: il nuovo film di Nanni Moretti

di Fulvia Caprara da "La Stampa"

Il Papa sarà Michel Piccoli, lo psicanalista che lo incontra sarà Nanni Moretti, regista, nonché sceneggiatore, con Federica Pontremoli e Francesco Piccolo, di Habemus Papam, in lavorazione a partire da gennaio. Già sulla carta la coppia sembra perfetta: da una parte il grande divo del cinema d’oltralpe, dall’altra l’autore venerato in Francia. Il primo con la tonaca e i dubbi intelligenti di un uomo che non sa se riuscirà ad assolvere il suo altissimo compito, il secondo con le analisi, le domande e i ragionamenti del medico che cerca di aiutarlo. Non è la prima volta che Piccoli lavora con registi italiani, anzi, con il nostro cinema c’è una lunga storia d’amore che coinvolge nomi celebri e film importanti. Prima di Moretti, c’è stata la collaborazione stretta con Marco Ferreri che l’aveva voluto in Dillinger è morto, nell’Udienza, nella Cagna e nella Grande abbuffata. Poi, con Marco Bellocchio Piccoli ha girato Salto nel vuoto, con Liliana Cavani Oltre la porta, con Peter Del Monte Compagna di viaggio e con Sergio Castellitto Libero burro.

La storia di Habemus Papam si apre con la morte del Pontefice e quindi con il Conclave riunito per le eleggerne un altro. La gestazione del soggetto era stata lunga, Moretti aveva spiegato di non voler fare un film troppo pessimista e, proprio per questo, di volersi staccare da ambientazioni e problematiche più vicine al suo mondo e all’attualità. A novembre si è svolta l’udienza in Vaticano, l’incontro con monsignor Gianfranco Ravasi che ha dichiarato di aver letto la sceneggiatura del film e di esser stato spesso, negli ultimi mesi, in contatto con l’autore della Stanza del figlio. Nei giorni scorsi si è saputo che è in corso la ricerca delle comparse. Gli aspiranti sono stati convocati a Roma, al cinema «Nuovo Sacher». Si cercano soprattutto uomini e donne tra i 35 e i 50 anni, adatti per essere trasformati in preti e suore. Moretti ha fatto sapere che il tono del racconto è quello della commedia, segnato da parentesi oscure e dolorose, ma anche da guizzi ironici, leggeri. Le riprese del film, prodotto dalla Sacher Film e da Fandango in collaborazione con la francese Le Pacte, una formula internazionale che garantisce, come sempre, la totale libertà espressiva dell’autore, dovrebbero andare avanti fino a maggio.

L'amore di Cicchitto per gli incendiari



"L'amore vince sull'odio". "C'è chi semina odio". Con questi messaggi ecumenici, dal vago sapore evangelico, Fabrizio Cicchitto, tessera Loggia Propaganda 2 numero 2232, data di iniziazione 12 dicembre 1980, oggi maggiorente del Pdl, indica le quinte colonne della disinformazione settaria.
Eccoli nell'ordine i network dell'odio: "Gruppo Editoriale L'Espresso-Repubblica, Il Fatto Quotidiano, l'Unità, Annozero, l'immancabile Marco Travaglio". Cicchitto è ormai diventato il watch the dog di chi lancia strali contro il premier, scimmiottando chi già ha fatto carriera nel ruolo. Lungi dal fare una difesa del giornalismo corporastivista e schierato dall'altra parte o dal difendere, forse dovrebbe ricordare qualche timida frecciata, scagliata dalle emittenti e dagli organi di stampa corifei del padrone politico di riferimento. Ha fatto bene comunque a precisare che i suoi bersagli non erano Pd e Udc. Non si sa mai, potrebbe sempre servire un appoggio o un'astensione sul processo breve. Il diavolo è nei dettagli.

Rete, bufale e teorie complottiste

I fedayn del Cavaliere, truppe senza odio e senza macchia

12 dicembre 2009

Vendola si candida



Spaccone, bulletto irriverente, emblema dell'Italia cafonal, silviopellico de noantri, uomo accecato dal denaro...A giudicare da questa patetica scenata irradiata nell'etere dalla trasmissione televisiva Matrix condotta da Alessio Vinci, Fabrizio Corona è solo un millantatore che ha bisogno di un'equipe di psichiatri per limitarne l'ego espanso nell'universo.

09 dicembre 2009

L’orribile pagina di FB contro Falcone e Borsellino, e i fessi che ci cascano



dal sito giornalettismo.it

Finché la cosa rimane un gioco su Facebook, può anche andare: ci sta che qualcuno si diverta alle spalle degli altri aprendo un gruppo contro Falcone e Borsellino, per ammirare le reazioni indignate di chi ci casca. Ci sta anche che uno dei partecipanti al gruppo alleghi questa immagine, in cui si vede la testa di uno dei due magistrati appiccicata sul corpo di Willy il Coyote, il quale è intento a dar fuoco alla miccia del razzo che lo lega mentre Totò Riina Bernardo Provenzano (mi si fa notare nei commenti, n.d.r.) osserva compiaciuto il tutto dal cocuzzolo della montagna. Ci sta quindi che la bacheca del gruppo ospiti una serie di messaggi nelle bacheche di persone arrabbiate, o per meglio dire: che ci sono cascati con tutte le scarpe.

Quello che invece non ci sta è che ci caschi con tutte le scarpe un’agenzia di stampa, di professionisti pagati per fare informazione, e che poi un testo allarmato faccia il giro della rete, finendo persino sul Corriere: “Web: pagina contro Falcone e Borsellino su Facebook – 09 Dicembre 2009 17:45 CRONACHE – MILANO – Una pagina su Facebook in cui Falcone e Borsellino sono stati definiti “falsi eroi”. Il promotore dell’iniziativa, anonimo, usa lo pseudonimo “La stella della Senna”: nello spazio riservato alle informazioni si legge che la pagina e’ “dedicata a chi come me odiava Falcone e Borsellino, morti per sete di fama”. Le reazioni degli utenti di Facebook sono quasi tutte di sdegno, i “post” pubblicati iniziano quasi tutti con un “vergogna“.

Ora, uno può capire tutto. Anche che si creda che sia serio, un gruppo pensato “Per chi come me odiava e odia Falcone e Borsellino,morti per sete di fama”, che dice che in ufficio ha “la cupola” e mette Boom tra le ultime notizie. Lo si può credere per un attimo, forse per due. Lo si può credere anche se l’autore del fotomontaggio – Alessandro Pestini - è iscritto alla fan page di Radio Troll (non vi dice niente questa parola, eh?). Ma che questa cosa faccia il giro (12mila risultati su Google in un paio d’ore, ma solo dieci per il risultato tra virgolette, per fortuna) senza che nessuno se ne accorga, è davvero tragico.

Lega cristian-padana



C'è stato un tempo in cui i leghisti si sposavano con rito celtico (come dimostra l'esemplificativa foto delle nozze un giovanissimo Roberto Calderoli), in altri tempi sono diventati più moderati, fino a difendere il crocifisso e a volerlo addirittura apporre sulla bandiera tricolore, quale vessillo e simbolo delle radici cristiane della patria italiota. E pensare che Bossi disse che la bandiera poteva assolvere benissimo alle funzioni della carta igienica. Ma forse era il gemello del Senatur che chiede udienza alle stanze vaticane per i soliti distinguo dell'agone politico.

E' di questi giorni la polemica contro l'arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, che ha spesso preso posizione sulla questione dell'accoglienza ai migranti. In fondo anche Gesù era un migrante. Non molto rispetto alle aperture progressiste e alle visioni alate del Cardinale Martini, ma pur sempre un'apertura. Ovviamente il verbo populista e druidico della Lega non è stato conforme alle sparate del partito di Bossi in tema di immigrazione.

03 dicembre 2009

Silvio l'inaffondabile: mezza Italia voterebbe ancora per lui



Sondaggio sorprendente del Sole 24ore, specie per chi parla di imminente bolla, deriva e/o piano inclinato, preludio della fine del berlusconismo. Dopo crisi, disoccupazione ed escort mezza Italia pronta a rivotare Berlusconi. L'ultimo sondaggio: Pdl al 38% (più 2,7 sulle europee) Lega al 10, Pd al 30,5 (più 4,4) Mezzo punto in meno per Di Pietro e per Casini.

Cala l'estrema sinistra Giovani, operai e lavoratori autonomi guardano a destra. Dopo tutto sembra avere ragione Pierluigi Bersani quando dice che la sinistra deve imparare a parlare al popolo di Rete 4 e recuperare il link con la gente comune, oltre che il suo retroterra, ma questo è un altro problema. Tutto il Paese, da Aosta ad Agrigento, tributa ancora lunga vita a Silvio l'arcitaliano.

02 dicembre 2009

Silvio nella Repubblica delle Banane



"L’Europa sta guardando alla Bielorussia ma Silvio ha superato tutti. Il premier italiano è carismatico e vivace. Gli vengono sferrati attacchi per le sue vicende giudiziarie e le avventure con le donne ma è un politico forte". Sono parole di Aleksandr Lukashenko: un nome, una garanzia. Silvio Berlusconi non smentisce la vena scanzonata che lo aveva reso un ottimo intrattenitore sopra le navi da crociera: "Devo andare a Panama"; poi ha chiesto al presidente panamense "un'accoglienza come si deve"; infine ha detto che gli mancheranno "Repubblica, l'Unità (magari l'edizione del Giornale di Feltri gli arriverà tramite Blackberry n.d.r.) e i pm" ma, ha concluso "cercherò di sopravvivere ugualmente". Intanto due donne vicine al premier Silvio Berlusconi avevano acceso dei conti correnti bancari fittizi, utilizzati da un esponente della mafia pugliese, trattasi della parlamentare Pdl Elvira Savino, indagata per aver agevolato il riciclaggio e dell'ape Sabina Beganovic, che non risulta indagata, ma era intestataria, secondo l'accusa, di "uno dei sei conti correnti nella filiale di Bari-Palese della banca Antonveneta". Silvio intanto parteciperà all'abbattimento dell'ultimo diaframma della galleria Barritteri dell'autostrada Salerno-Reggio. La galleria fa parte del V macrolotto dei lavori di ammodernamento dell'A3, tra Scilla e Gioia Tauro. Un budello di un paio di metri. Cosa non si fa per non partecipare a un'udienza del Processo Mills? Ma il Premier non aveva promesso di difendersi ai processi dopo la bocciatura del Lodo Alfano? In fondo non c'è bisogno di espatriare a Panama, una dependance extraterritoriale è in Italia.

01 dicembre 2009

Il fuori onda del compagno Fini



Il sito di gossip Dagospia lo chiama, sbeffeggiandolo per il suo passato in cui si scagliava contro gli immigrati e faceva dichiarizioni di matrice neo-fascista, Gian-menefrego Fini. Questo fuori onda non aggiunge nulla al pensiero che la Terza Carica dello Stato ha esternato più volte in questi mesi. Ovvero il tentativo di costruire una destra credibile, moderna, europea che affronta i problemi avulso dalla demagogia berlusconiana o dal populismo urlato leghista e di mantenere l'equilibrio che il ruolo di raccordo con il Capo dello Stato impone, in linea con la linea tenuta in passato dal suo predecessore (in termini di area politica) Pierferdinando Casini.

A parte aver definito "creativo" il fondatore del movimento Ammazzateci tutti, il pensiero finiano non si arricchisce di molto con questo video rubato a un convegno in quel di Pescara, anzi rende più verosimili le affermazioni fatte in privato e riportate da Feltri con grande evidenza: "Non sono un Gasparri o uno Schifani" (uno scendiletto berlusconiano, uno yesman). Pochi giorni fa Berlusconi aveva lanciato un ultimatum: "Chi non è d'accordo con la linea del Pdl è fuori dal partito". Il suo bersaglio era Fini, martoriato quotidianamente dal Giornale di famiglia, nemmeno fosse l'ultimo dei comunisti, quasi sempre in disaccordo con Silvio.

Secondo i nemici interni Fini è un generale senza esercito. Può contare solo su una minoranza di fedelissimi. Negli equilibri decisionali del partito, la cosa ha un suo peso. Come ha ammesso Umberto Bossi, senza Berlusconi è difficile prefigurare un futuro politico per l'ex Delfino di Almirante. Senza Berlusconi appunto. La sua credibilità si è accresciuta di molto, come il feeling con D'Alema. Autorevoli politologi ed analisti sostengono che Fini potrebbe essere un leader, approfittando del vuoto lasciato dalla sinistra, del Partito democratico, che come al solito, vuole fare da salvagente al legittimo impedimento berlusconiano (come dimostra l'intervista di Enrico Letta al Corriere). Su una cosa il ragionamento di Fini è sensatissimo se il quadro delle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, che sarà ascoltato dai magistrati il 5 dicembre prossimo dovesse dipingere un contesto a tinte fosche, con un coinvolgimento diretto del premier nelle stragi, la situazione diverrebbe molto più fluida e allora tutto potrebbe rimettersi in gioco.