30 novembre 2009

Caro papà, perché non te ne vai tu? La risposta di un precario a Celli (attos secondo)



dal blog Giornalettismo.com

Caro raccomandato politico, perché se ha diretto la Rai deve per forza essere stato affiliato, o quantomeno simpatico a qualche partito, nonché attuale direttore della Luiss, che per chi non la conoscesse è la più esclusiva università privata di Roma a cui accedono soltanto i figli di persone facoltose, vista la retta che viene chiesta per l’iscrizione, le scrivo per chiederle se non le sembra stucchevole, ipocrita e in un certo senso crudele propinarci una lettera a suo figlio in cui gli consiglia di cambiare nazione perché la nostra è marcita e dentro non ci troverà opportunità per esprimere il suo valore. Vede, dottor Pierluigi Celli, non solo non riesco a provare la minima empatia per quello che dovrebbe essere un supposto dramma, ma non riesco a vederla nemmeno come vittima e con lei non vedo come vittima suo figlio, sicuramente persona degna di lode che non mi permetto di giudicare, non conoscendolo. Il problema è che, con rispetto parlando, lei e quelli come lei siete la metastasi, il tumore che andrebbe rimosso per ricreare quella speranza ormai patrimonio dei dormienti. Lei vede un’Italia diversa da quella che aveva sognato, ma quanto ha fatto per cercare di renderla somigliante al sogno? Quante volte ha rifiutato il compromesso pur di non tradirla? Oppure, vista la posizione che ricopre, è soltanto uno di quelli che, arrivati a un’età veneranda avendo succhiato il succhiabile, ora sente la necessità di sentirsi un ribelle a un sistema di cui è uno dei mattoni? Perché invece di scrivere una lettera del genere non abbandona il suo posto? Perché ha accettato in passato tutti i compromessi del caso per raggiungerlo? In quanta di quella malattia che oggi denuncia si è imbattuto nel suo percorso professionale o, più semplicemente, di vita? Quante volte ha cercato di essere medicina e ha rifiutato di mettersi dalla parte del virus? Mi dica per favore, sono sinceramente curioso di saperlo. Come sono curioso di sapere perché, compreso il dramma, non fa qualcosa per trasformarsi in simbolo del cambiamento.

In effetti ammetto che potrei sbagliarmi. Non conoscendola direttamente, ammetto anche che lei potrebbe essere la persona migliore del mondo. Magari sono soltanto io il problema e mi sto lasciando trascinare dal rancore. È che vedere le ingiustizie che quotidianamente devo mandare giù e che devono mandar giù persone che mi sono vicine, denunciate da chi sembra tutt’altro che innocente nell’averle fatte diventare sistema, anche solo avendolo accettato in quanto tale, fa male. Come fa male vedere un quotidiano come La Repubblica che le dà voce, quella voce negata a tanti altri nessuno che non possono permettersi di consigliare ai figli di emigrare perché non avrebbero mezzi per aiutarli. Quella voce negata alla vita di tante persone ridotte a un silenzio che sta creando una massa d’odio profondo e non mediato. Sa da quanti anni va avanti quello che lei chiama “schifo”? Conosco grandi persone diventate nulla e delle nullità assurte alla gloria spinte dal cognome. Ma sto diventando banale… e sa perché sto diventando banale? Perché sono anni che sento questi discorsi e sono anni che di tanto in tanto trovo denunce come la sua fatta da gente come lei sulla pelle di persone come me. Ormai la denuncia dello schifo fa parte della retorica dello schifo stesso e non riesco più ad accettarla in quanto tale, perché non produce alcun cambiamento. È un lamentarsi fine a se stesso. O forse è un modo per far notare a chi di dovere che suo figlio è sul mercato e ha bisogno di un lavoro che non sia in un call center a 600€ al mese per otto ore al giorno di lavoro?

Immagino che se suo figlio ottenesse una raccomandazione per qualche posto di prestigio, lei gli consiglierebbe di non accettarla. Immagino anche che farebbe nulla per favorirlo o per fargli ottenere un ruolo di rilievo in questa società che gli consiglia di lasciare, come nulla fanno tanti padri come lei che denunciano per poi farci trovare i loro ‘cari’ in mezzo ai piedi, lasciando agli altri solo le briciole. È piuttosto recente una campagna elettorale in cui si è parlato spesso di meritocrazia e non credo di doverle illustrare com’è andata a finire. Sinceramente non le voglio chiedere lo sforzo eccessivo di tornare sui propri passi e nemmeno voglio chiederle di aspirare al martirio per fare contenti i morti di fame come me. Le chiedo soltanto il silenzio e il rispetto dovuto ai molti a cui la vita non dà accesso a Repubblica per i propri sfoghi familiari.

In fede

Un blogger precario

"Figlio mio lascia questo paese"

di Pier Luigi Celli, già dirigente Rai e attuale direttore della Luiss

Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.

Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l'idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai.
Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.

Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E' anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l'Alitalia non si metta in testa di fare l'azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell'orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d'altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l'unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.

Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po', non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato - per ragioni intuibili - con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all'infinito, annoiandoti e deprimendomi.

Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.

Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.

Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze.

Preparati comunque a soffrire.

Con affetto,
tuo padre
PIER LUIGI CELLI

Su questo sito si possono trovare le storie di giovani italiani emigrati all'estero che ce l'hanno fatta.

29 novembre 2009

Sciascia e le pietre miliari di Regalpietra



A 20 anni dalla sua morte, Leonardo Sciascia è ancora uno scrittore attuale e attualizzabile nelle esemplificazioni che riguardano le storture e le dinamiche politico-scoiali di questo bendetto assurdo, Belpaese. Senza fare grandi divagazioni letterarie sull'attività di scrittore e saggista, basta solo qualche aforisma per testare la qualità e la profondità sociologico-speculativa contenuta nei libri dell'autore siciliano. In queste tre citazioni si può cogliere la sua lucidità spregiudicata, nonché la capacità di divinazione dei suoi colpi di penna.

I siciliani – dice il Di Castro – generalmente sono più astuti che prudenti, più acuti che sinceri, amano le novità, sono litigiosi, adulatori e per natura invidiosi; sottili critici delle azioni dei governanti, ritengono sia facile realizzare tutto quello che loro dicono farebbero se fossero al posto dei governanti. D'altra parte, sono obbedienti alla Giustizia, fedeli al Re e sempre pronti ad aiutarlo, affezionati ai forestieri e pieni di riguardi nello stabilirsi delle amicizie. La loro natura è fatta di due estremi: sono sommamente timidi e sommamente temerari. Timidi quando trattano i loro affari, poiché sono molto attaccati ai propri interessi e per portarli a buon fine si trasformano come tanti Protei, si sottomettono a chiunque può agevolarli e diventano a tal punto servili che sembrano nati per servire. Ma sono di incredibile temerarietà quando maneggiano la cosa pubblica e allora agiscono in tutt'altro modo… E prima aveva avvertito: la Sicilia è stata fatale a tutti i suoi governanti; e la maggior parte di essi ha lasciato sepolta in quel Regno la reputazione in modo tale che nemmeno nella posterità ha potuto mai più risorgere. (da Sicilia e sicilitudine, pp. 961-962)

«Io» proseguì don Mariano «ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l'umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà... Pochissimi gli uomini; i mezz'uomini pochi, ché mi contenterei l'umanità si fermasse ai mezz'uomini... E invece no, scende ancora più in giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi... E ancora di più: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito... E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre... [...]».

"Forse tutta l'Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l'ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l'Italia, ed è già oltre Roma…" (Opere – 1956.1971, p. 479).

26 novembre 2009

Sandro Pertini: appello ai giovani

Spero che le venga il cancro

La maleducazione e il priapismo ministeriale sono stati lo stigma distintivo delle azioni politiche di Ignazio La Russa.

Salve,
sono un ragazzo di 31 anni che da due anni lavora e vive a Barcellona.

Premetto che purtroppo non abbiamo filmati ne' una documentazione audio circa l'accaduto, perciò posso solo limitarmi a raccontarlo.

Erano circa le 17 di martedì: io e i miei colleghi di lavoro ci godevamo gli ultimi minuti di pausa prima di tornare al lavoro. Improvvisamente qualcuno riconosce una nota fisionomia, la figura di un signore seduto al tavolino di un bar di Plaza Catalunya...

"E' La Russa!"

E che cosa faceva il nostro ministro li', a pochi metri a godersi la mite temperatura catalana?

Ma, chiaro, era venuto a vedere la "sua" Inter, impegnata nella partita di Champions contro il Barcellona (solo un'ipotesi, inizialmente, poi praticamente confermata da lui stesso).

Bene, per farla breve, qualcuno di noi non ha resistito, vista la ghiotta occasione, e si è così avvicinato al Sor Ignazio...

Questa la sua frase (ovviamente una provocazione, legittima, anzi, dovuta):

"Salve Ministro (stringendogli la mano), spero che la partita le vada male, così come sta andando male il nostro Paese guidato dal suo Governo..."

Una provocazione, certo, ma, garbata, mi pare...
Ed ecco l'incredibile risposta del signor Ignazio La Russa, ricordo MINISTRO DELLA DIFESA DELLA REPUBBLICA ITALIANA:

"Ed io spero che LE VENGA UN CANCRO..."

UN CANCRO.

Questa la vergognosa risposta di un MINISTRO alla provocazione di un cittadino italiano, un ragazzo di 26 anni.

"SPERO CHE LE VENGA UN CANCRO".

Bè, lo so che non c'è nessuna prova o documento ma noi qui siamo in molti a poterlo testimoniare (eravamo un poco lontani ma eravamo li').

Credo che si debba cmq sapere (anzi, forse meglio dire "ribadire") quale sia la caratura e il livello di chi in questo momento ci sta governando, l'arroganza, la maleducazione, la "violenza" verbale che questi signori si permettono di utilizzare nei confronti dei propri cittadini (di parte avversa, s'intende, ma pur sempre cittadini...)

Fine della storia, spero che venga diffusa il più possibile, almeno sul web.

Marco Pidalà
Davide Sellari
Barcellona

Tutte le bugie di Berlusconi

24 novembre 2009

Rumors di palazzo e messaggi a reti unificate

tratto da Il Congiurato - L'Unità

...Tremonti ha in mano le chiavi dell'immunità di Berlusconi ed è semplicemente questa la ragione della sua intoccabilità. Gianfranco Fini ha infatti posto una condizione per dare il via libera a un iter molto accelerato per il processo breve: che alla Giustizia vengano assegnati fondi aggiuntivi. Solo così quella legge potrà conservare una parvenza di riforma di sistema e diventare commestibile per gli ex di An. Il concetto sarebbe stato esposto da Fini in persona a Tremonti. È chiaro dunque perché l'uscita di Brunetta. E ha molto irritato il premier. Ci mancava solo questa grana dopo i problemi posti dal solito Fini, il no delle opposizioni e i dubbi del Quirinale. Condizionando il suo sì sul disegno di legge salva Berlusconi all'aumento dei fondi per Via Arenula, Fini ha dato a Tremonti una golden share che il ministro dell'Economia ha subito fatto valere nel suo colloquio con il premier. Per questo tutta la squadra di governo si è schierata con lui e per lo stesso motivo, alla vigilia della discussione vera sulla Finanziaria, il ministro dell'Economia ha ottenuto la gestione esclusiva del tesoretto derivante dallo scudo fiscale. Fatta ovviamente eccezione per il ministero della Giustizia. Finanziaria ad personam.

23 novembre 2009

Un chirurgo per curare i mali della Calabria



Magari si scoprirà che è una bufala, una battuta di spirito, l'ennesimo slogan del partito-azienda applicato alla politica. Bernardo Misaggi, 55 anni, calabrese di nascita, primario di chirurgia vertebrale all’istituto Pini di Milano, che ha avuto niente popò di meno che l'onore di curare la madre Rosa, si candida a governatore della Calabria, avrebbe ricevuto il placet di Silvio Berlusconi in persona. Indubbiamente parlano per lui gli altissimi meriti sul campo.

In realtà il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti (pupillo di Gasparri) è in campagna elettorale da un bel pezzo (per quanto osteggiato nelle province di Cosenza), si profilerebbe una fronda con l'ala aennina è l'ennesima riprova del grumo di interessi e personalismi che muove le scelte del premier. Nessuna preclusione per i medici che curano(?) i mali della politica. Di questo passo, tra un paio di mesi un cavallo potrebbe essere nominato senatore come ai tempi dell'imperatore Caligola.

22 novembre 2009

Lo spot di Le Monde sfotte Berlusconi

Il global warming e le balle spazial dei negazionisti



Il global warming e le balle spazial dei negazionisti. A volte ci riprovano. Giungono notizie sconvolgenti dopo l’attacco informatico (o semplice fuga di notizie ) interna all’Hadley Centre, uno dei maggiori istituti internazionali deputati allo studio del clima, e fortemente affiliato all’IPCC, il pannello intergovernativo voluto dall’ONU per monitorare gli studi sui cambiamenti climatici.
Venerdì 20 novembre oltre 1.000 mail e circa 3.500 documenti riservati vengono immessi in rete attraverso un sito russo FTP. Si tratta di mail private, in cui gli studiosi dell’Hadley Centre (e non solo) si scambiano opinioni e giudizi operativi, oltre ai documenti scientifici. Che questo argomento possa essere usato per ridimensionare l'effettiva portata delle previsioni dei climatologi, è lapalissiano.

21 novembre 2009

«Beni confiscati, venderli una sconfitta per lo Stato»



Rognoni: emendamento atto molto grave che non ha giustificazioni

dal sito Liberainformazione.it


C'era nel 1982 quando il Parlamento introdusse una norma destinata a fare la storia della lotta alla mafia in questo Paese. C'era nel 1996 quando una raccolta di firme promossa da Libera portò con un milione di adesioni all'approvazione della legge 109/96, sul riutilizzo sociale dei beni confiscati. C'era infine, quando la mafia aprì il fuoco contro Pio La Torre, ideatore della legge che prevedeva la confisca dei beni ai boss. Virginio Rognoni, tre volte Ministro e sino al 2006 vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, co-firmatario della legge Rognoni - La Torre, che ha introdotto in Italia la confisca dei beni ai mafiosi, assiste incredulo a quello che sta accadendo in questi giorni con l'approvazione alla Camera di un emendamento alla Finanziaria che consentirà la vendita dei beni confiscati.

Dopo quasi trent'anni da quel primo atto coraggioso che costò la vita ad uno degli uomini politici più impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, oggi c'è il pericolo che quella legge venga svuotata se al Senato si darà seguito agli intenti del Governo. "Quello che si sta compiendo è un atto molto grave che non ha giustificazioni - dichiara Virginio Rognoni - quell'emendamento rende vana la battaglia che a suo tempo fu condotta per arrivare alla norma che istituì in Italia la confisca dei beni ai mafiosi e fa altrettanto con l'impegno profuso dalla società civile nel 1996, quando su proposta di Libera, furono raccolti in tutta Italia un milione di firme per chiedere il riutilizzo a fini sociali e istituzionali di quei beni confiscati" .

" La mafia - prosegue Rognoni - potrebbe riappropiarsi di quei beni e tornarne in pieno possesso. Se questo emendamento dovesse essere approvato sarebbe una sconfitta pesante dello Stato e della società civile nella lotta alla criminalità organizzata". Da 48 ore cittadini, giornalisti, politici, esponenti della magistratura, amministrazioni e molti altri dal mondo della cultura stanno firmando l'appello lanciato da Don Luigi Ciotti (www.libera.it) per chiedere che quell'emendamento venga ritirato.

Le parole di Virginio Rognoni oggi sono un monito importante contro questa scelta che mette a rischio un'intuizione preziosa che dal '96 in tutta Italia ha visto rinascere l'economia e il tessuto sociale di territori prima soffocati dal controllo delle mafie.

19 novembre 2009

Il condono perenne: corrompo dunque sono


“Corruzione” è lo slogan della vita americana oggi. E’ la legge, quando non si rispetta altra legge. Sta minando il paese. In tutte le città, i legislatori onesti si contano sulle dita delle mani. Quelli di Chicago, poi sulle dita di una mano sola! La virtù, l’onore, la verità e la legge sono scomparsi. Siamo tutti imbroglioni. Ci piace “farla franca”. E se non riusciamo a guadagnare il pane in modo onesto, lo facciamo in un altro modo. Al Capone

A tanti anni di sitanza questo discorso può essere attualizzato. Nella classifica che Transparency International, l'organizzazione non governativa che studia l'indice di corruzione nei vari paesi del mondo, pubblica ogni anno sul proprio sito web, l'Italia su 180 paesi, dopo il poco edificante 55° posto dello scorso anno, è scesa ancora di 8 posizioni piazzandosi 63°. Più sotto della Penisola in Europa ci sono soltanto Grecia e Romania. Tangentopoli non è mai esistita e il sistema delle bustarelle gode ancora dell'indulgenza plenaria.

18 novembre 2009

La canzone di Mariastella

Luca Casarini: da no global a padroncino del Nordest



Per la serie a volte ritornano e per i delusi che pensano ancora che Luca Casarini (storico leader dei disobbedienti) sia vivo e lotti insieme a noi, ecco la versione che non ti aspetti.

Il capo carismatico delle tute blu, oggi quarantaduenne, autore di innumerevoli raid no global e indagato in una serie innumerevole di procedimenti penali per banda armata, sovversione di Stato, collezionista di guai giudiziari di ogni genere. Da Marx alla partita Iva, dalla violazione della zona Rossa all'abolizione dell'Irap, di rivoluzionario è rimasto solo il nome della società di consulenza di cui è titolare: "Nexus 7". Nessun dipendente, il buon Luca svolge consulenze di marketing. "Nexus 6 era il replicante di Blade Runner, io sono il numero 7, mi ribello ancora di più".

"L'Irap è una vergogna, specie in periodi di crisi, viene tassata la produzione non il reddito", concetti ribaditi in un'intervista al La Stampa, neanche fosse un Bombassei qualunque, un esponente del popolo delle partite IVA.

Anzi, in un conato di autonomia ideologica, Casarini rivendica addirittura la distanza dallo statalismo: "Non ho mai pensato che gli imprenditori fossero vessati, qui tutti pagano in ritardo e io non so come fare a pagare gli interessi". Fino a giustificare un po' di nero: "altrimenti uno come fa a vivere". Ma del resto forse il suo percorso si poteva intuire nel suo romanzo d'esordio letterario "La parte della fortuna", il social noir edito da Mondadori. La proprietà privata non è un furto, altro che espropri proletari. Nascondo incendiari e fieri e muoiono pompieri.

17 novembre 2009

Bersani e i nodi gordiani del Partito democratico



La nuova segreteria del Pd di Pierluigi Bersani dovrà districarsi tra il dipietrismo, tentando di non farsi scavalcare al centro dall'Alleanza per l'Italia, senza perdere i contatti con il mondo della sinistra e apparire arrendevole e rispetto alle tentazioni della vocazione maggioritaria, ma neanche soft sul piano della proposta politica. Detta così è un rebus. Nel concreto basta pensare alla confusione scaturita dalla mancata partecipazione come blocco politico alla manifestazione No Cav. Altro che svolta economicistica, del neo segretario. Tempi duri per i bizantinismi riformisti. Fa bene Bersani a votarsi all'anima pia di Benigno Zaccagnini, in odore di santità secondo il cardinale Ersilio Tonini.

Mutuando le dieci domande di Repubblica il pittore-intellettuale Luciano Scateni avrebbe un decalogo da sottoporre all'attenzione dei dirigenti del Pd, che si può tranquillamente girare ai maggiorenti del partito e può essere sposato da parte di simpatizzanti, militanti e quanti hanno a cuore le sorti del centrosinistra.

1) Per due volte, il governo di centro-sinistra ha dimenticato di promulgare una legge sul conflitto di interessi che avrebbe messo fuori gioco Berlusconi. Si e' trattato di una pandemia che ha obnubilato la volonta' politica di quelle maggioranze, o di una dimenticanza per tenere ben chiuso qualche loro armadio affollato di scheletri?
2) Senza disporre di analisti geniali dell'economia, era cosi' difficile capire che il trapasso tra lira ed euro aveva in se' il rischio di dimezzare il potere d'acquisto di salari e pensioni? Quale controllo e' stato esercitato per impedire che una paga decorosa di ottocentomila lire al mese diventasse una miseria da poverta' estrema?
3) Ma davvero c'e' nel marasma del centro-sinistra la convinzione che i nostri soldati sono in Afghanistan in missione di pace?
4) Era cosi' difficile prevedere l'incompatibilita' della Binetti con la laicita' del centro sinistra?
5) Cosa pensano Bersani, Franceschini e Marino ma anche D'Alema, Fassino e compagni, del lager di Lampedusa in cui i migranti finiscono dopo viaggi a rischio di morte? Quale ostacolo ha impedito di radere al suolo quel centro di accoglienza e quale mobilitazione e' stata organizzata per impedire i famigerati respingimenti condannati dall'Europa, ma perpetuati quasi ogni giorno?
6) Guardando negli occhi qualche milione di italiani che vota centro-sinistra, il trio delle primarie avrebbe potuto dire e soprattutto fare qualcosa di sinistra, anziche' arzigogolare su escort e notti brave di Berlusconi, oscurando il dramma di chi e' in miseria e non ha lavoro, ne' futuro?
7) L'organizzazione di quel che fu il partito di Berlinguer e' capace di impedire con la mobilitazione la follia chiamata Ponte sullo Stretto a favore di scelte che impediscano nuove tragedie (Messina, l'Aquila e non solo) e diano alla Sicilia una rete ferroviaria decente?
8) Con tutto il cauto apprezzamento per alcune sortite di Fini in tema di rispetto per le Istituzioni, il centro-sinistra crede a una sua conversione democratica profonda, o finge di crederci sapendo che il presidente della Camera studia da tempo per riscuotere un premio consistente dopo il mandato di terza carica dello Stato?
9) E' lecito che in una sola casa della politica nascano a dispetto due emittenti televisive di Veltroni e D'Alema, pesi massimi del Pd, che non vede nessuno per evitare di russare profondamente?
10) Ma il Riformista non e' una costola del Partito Democratico? Qualcuno ha capito che si tratta di una quinta colonna, di una serpe covata in seno, di un mezzo di contrasto in famiglia? Agganciata a quest'ultima, la domanda: quanti e quali sono gli strateghi di un progetto a piu' voci che intende soppiantare il regime berlusconiano con una riedizione riveduta e corretta del grande centro di De Gasperi e Andreotti? Ne sa qualcosa il Pd?

16 novembre 2009



Fortunatamente è arrivato l'arresto, un po' a orologeria di Domenico Raccuglia, primula rossa di Cosa Nostra a ridare speranza alla città di Palermo. Vedere i ragazzi di Addiopzzo che cantano "La Sicilia quella vera siamo noi", "Chi non salta mafia è" (l'avevano già fatto al momento dell'arresto di Bernardo Provenzano), non è proprio un fatto di tutti i giorni. L'esortazione ai "ragazzi" delle forze dell'ordine è un segnale (prim'ancora che mediatico) di grande speranza per le terre martoriate dal crimine organizzato (è bene sottolineare che tali manifestazioni non sono omogenee in tutte le terre di mafia).

In Calabria, tanto per fare un esempio l'ex procuratore aggiunto di Reggio, oggi commissario della stazione unica appaltante Salvatore Boemi, l'aveva detto: "La gente comune lotta alla mafia senza fare il tifo per le forze dell'ordine".

Pochi giorni prima, la Monnezza palermitana era tornata d'attualità nel panorama dell'informazione. Il Fatto Quotidiano aveva intervistato il regista Franco Moresco che si era espresso in termini molto critici sul degrado raggiunto dalla città siciliana: "L'immondizia è lo specchio dell'imbarbarimento della popolazione. E di chi è la colpa? Di chi ha sopravvalutato il cittadino palermitano, che non possiede nel suo dna il senso della comunità, dello stare insieme. Intendiamoci, gli amministratori dovrebbero essere presi a schiaffi o a calci per quello che fanno, ma da sempre i palermitani scelgono la clientela come strumento di soluzione dei problemi propri e della propria famiglia. Prima Cuffaro, poi Cammarata, prevale sempre una visione clientelare della politica e dell'esistenza. E questi sono i risultati.... Parafrasando Pasolini, speranza è una parola che ho cancellato dal mio vocabolario. Dopo le stragi questa città ha avuto la possibilità di cambiare, ma non ha fatto nulla. Le iniziative di cambiamento hanno solo una funzione di facciata, un valore mediatico. Non fanno più paura a nessuno, sono un giochino che dura lo spazio di un apparizione in tvo di un pezzo sui giornali. E se le speranze sono riposte in questa nuova sinistra, stiamo freschi".

Speriamo che l'apocalittico coautore di Cinico Tv (insieme a Daniele Ciprì) abbia torto e non per aver voluto occupare l'unico posto libero.

13 novembre 2009

Del lungo addio di Eluana



E così tutta quell'indegna canea montata ad arte sul caso Englaro è stata organizzata su un dato non veritiero. Un'indegna gazzarra orchestrata sulla pelle di una persona, Eluana, ridotta a un vegetale, che non poteva risvegliarsi per via del danno irreversibile riportato nel lontanissimo 1992.

E pensare che qualcuno molto in alto, pronosticando cortocircuiti istituzionali, aveva sostenuto che la Englaro avrebbe potuto avere un figlio. Requiescat in pacem, dicono i preti nelle messe in latino. Del testamento biologico non importa niente a nessuno. Non è funzionale a speculazioni, di carattere extradialettico.

11 novembre 2009

Lutto in campo per "Gambazza"



Antonio Pelle di 77 anni, considerato uno dei boss piu’ potenti della ‘ndrangheta di San Luca, e’ morto pochi giorni fa all’ospedale di Locri. Il decesso dopo un infarto. Pelle, conosciuto come ”’Ntoni gambazza”, latitante dal 2000, era stato arrestato il 12 giugno scorso dai carabinieri del Ros. Condannato a 16 anni di reclusione per sequestro di persona, traffico di stupefacenti ed associazione mafiosa. Il suo nome era nell’elenco dei 30 ricercati piu’ pericolosi d’Italia.

Tre giocatori della squadra locale, il San Luca che gioca in prima categoria sono scesi in campo con il lutto al braccio per la morte del capo clan. Uno dei tre aveva rapporti di parentela con il boss. Un’iniziativa della quale, comunque, la societa’ era all’oscuro, tanto che nessuno degli altri giocatori ha messo il nastro nero.


Rammaricato per il gesto don Pino Strangio, parroco del paese preaspromontano e presidente della societa’ di calcio. ‘’Non ne sapevo niente - ha detto stamani all’Ansa don Strangio - ed ovviamente se l’avessi saputo sarei intervenuto per impedirlo’’.

08 novembre 2009

"Caro Saviano, scusa se insisto. Questa è la nuova Resistenza"


di Claudio Fava

Caro Saviano,
due giorni fa a Napoli ho chiesto pubblicamente la tua disponibilità a candidarti per la presidenza della Regione Campania. Non è stato uno sgarbo né una forzatura ma una necessità civile. Perché a Napoli, fra qualche mese, ci giochiamo non solo il destino della tua regione ma un’idea di nazione. Chiamata stavolta a decidere di sé stessa: se pensa cioè di potersi riscattare dal giogo delle mafie e dei sospetti, dai furti di verità e di memoria, dall’impunità che s’è fatta sistema. O, altrimenti, se questo paese si è ormai arreso alla forza degli eventi, al corso inevitabile delle peggiori cose.

Il candidato che la destra quasi certamente presenterà si chiama Nicola Cosentino, sottosegretario del governo Berlusconi, uomo forte del PDL in Campania e «uomo a disposizione dei Casalesi», secondo le dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia, acquisite dalla Procura di Napoli. Falso, dice Cosentino. Vero, dicono i suoi accusatori. Possibile, dicono i giudici che l’hanno iscritto nel registro degli indagati. Chiunque al posto suo avrebbe fatto un passo indietro fino a che non fosse spazzata via l’ombra di un sospetto così lacerante. Chiunque: non Cosentino. Che continua a fare il sottosegretario e oggi si candida a governare la sua regione. Io c’ho i voti, fa sapere: e noi gli crediamo. Peccato che i voti da soli non bastino per restituire limpidezza alle storie degli uomini.

Che si fa, dunque, se Cosentino e il suo partito sceglieranno di sfidare il senso della decenza? Gli si contrappone un notabile di segno politico contrario? Si va in cerca d’un candidato comunque, purché abbia il cartellino penale pulito? Si derubrica questa elezione come un fatto locale, una cosa di periferia? E pazienza se poi colui che rischia di vincere andrà a governare in nome dei voti suoi e di quei sospetti... Io dico di no. E per questo, caro Saviano, se Cosentino dovesse candidarsi, ti chiedo di fare la tua parte accettando di candidarti anche tu.

Conosco già la tua obiezione che è stata anche la mia per molti anni: che c’entro io con la politica? Quando ammazzarono mio padre, pensai la stessa cosa: la mia vita è qui, mi dissi, continuare il mestiere suo e mio, scrivere, dire, capire. Perché la scrittura, una scrittura disposta a mettere in fila nomi e fatti, è un impegno civile capace da solo di riempire una vita. Vero. Poi però arrivano momenti della vita in cui capisci che ti tocca far altro. E fare altro, fare di più, a volte vuol dire la fatica della politica, affondare le mani e la vita in questa palude per provare a portarci dentro un po’ d’alito tuo, un po’ della tua storia, un po’ della tua sregolatezza, un po’ dei tuoi sogni. Non inventiamo nulla, caro Saviano.

Ci fu una generazione di ragazzi, nel ’43, costretti dalla notte all’alba a improvvisarsi piccoli maestri delle loro vite. Lasciarono le case, le donne, gli studi e per un tempo non breve si presero sulle spalle il mestiere della guerra. Se siamo usciti dalla notte di quella barbarie, lo dobbiamo anche a loro.

Anche questo è un tempo in cui occorre trovare il coraggio e la spudoratezza di fare altro. Di inventarsi altre vite. E di misurarsi con mestieri malati, com’è quello della politica. So che adesso qualcuno s’imbizzarrirà: che c’entra la resistenza con la lotta alle mafie? Che centrano i nazisti? Che c’entra Casal di Principe? Io invece credo che tu capisca. In gioco è il diritto di chiamarci ancora nazione. Quel diritto oggi passa da Napoli, dalle cose che diremo, dalle scelte che faremo. O dai silenzi in cui precipiteremo.

07 novembre 2009

Riflessioni a 20 dalla caduta del Muro



dal Washington Post

Il muro di Berlino caduto vent’anni fa è stato un simbolo che ben si addice al comunismo. Ha rappresentato un tentativo storicamente senza precedenti d’impedire alla gente di “passare dall’altra parte” e lasciarsi alle spalle una società che non approvava. Il muro era solo il segmento più evidente dell’immenso sistema di ostacoli e fortificazioni della Cortina di Ferro, che si estendeva per migliaia di chilometri lungo il confine del “Commonwealth socialista”. Io sono uno di quelli che sono riusciti a superare questi ostacoli nel novembre del 1956, quando vennero parzialmente e temporaneamente smantellati lungo il confine austro-ungarico. Le esperienze vissute nell’Ungheria comunista, dove ho vissuto sino all’età di 24 anni, hanno inciso per molto tempo sulla mia vita e sul mio lavoro.

Benché gli americani, tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta del Novecento, fossero estremamente interessati al comunismo - qualcuno con ostilità, qualcun altro con simpatia - del comunismo sapevano in realtà ben poco. E poco vien detto, qui e oggi, sul crollo dell’impero sovietico. La fugace attenzione prestata dai media al gran peso degli eventi della fine degli anni Ottanta e dei primi anni Novanta fa il paio con la loro iniziale indifferenza nei confronti dei sistemi comunisti. La percezione pubblica delle atrocità su vasta scala, degli omicidi e delle violazioni dei diritti umani che si verificarono negli stati comunisti è scarsa. Lo è ancor di più se confrontata con la percezione dell’Olocausto o del nazismo, che comunque hanno portato a un numero di vittime molto inferiore. La quantità di documentari, lungometraggi o programmi televisivi sulle società comuniste è qualcosa di ridicolo in rapporto a quelli sulla Germania nazista e/o sull’Olocausto, e sono poche le università che organizzano corsi sugli stati ancora comunisti e su quelli che non lo sono più. Per la maggior parte degli americani il comunismo e le sue variegate incarnazioni sono rimasti nulla di più di un’astrazione.

Le diverse risposte morali al nazismo e al comunismo in Occidente possono essere interpretate come un risultato della percezione delle atrocità commesse dal comunismo in quanto sottoprodotti di nobili intenzioni. Di propositi che si sono dimostrati troppo difficili da mettere in atto senza ricorrere alle maniere forti. Invece, le oltraggiose violenze naziste sono percepite come un male assoluto privo di giustificazioni elevate e che non gode dell’appoggio di un’ideologia davvero allettante. Esistono molte più informazioni e prove materiali sugli omicidi di massa perpetrati dai nazisti e sui loro metodi di sterminio turpi e premeditati. Ma allo stesso modo molte tra le vittime dei sistemi comunisti sono morte a causa delle impossibili condizioni di vita dei posti in cui erano detenute. La maggior parte delle vittime del comunismo non è stata causata da tecniche industriali avanzate.

I sistemi comunisti hanno spaziato dalla piccola Albania all’immensa Cina, dai paesi dell’Europa orientale a quelli sottosviluppati dell’Africa. Pur se divergenti sotto vari aspetti, tutti avevano in comune la fiducia nel marxismo-leninismo come fonte di legittimazione, il sistema monopartitico, il controllo dell’economia e dei media e la presenza di un'imponente forza di polizia politica. Senza contare il fatto di aver condiviso un impegno verosimile per la creazione di un essere umano moralmente superiore, l’uomo socialista o comunista.

Sotto il comunismo la violenza di natura politica aveva un’origine idealistica, e un obiettivo in qualche modo purificatore. Chi veniva oppresso e ammazzato era considerato moralmente corrotto e pericoloso per un sistema sociale superiore. La stessa dottrina marxista della lotta di classe ha fornito un adeguato supporto ideologico all’omicidio di massa. La gente era perseguitata non per quel che faceva ma per l’appartenenza a categorie sociali che la rendeva sospetta.

In seguito alla caduta del comunismo sovietico molti intellettuali occidentali hanno conservato la convinzione che sia il capitalismo la radice di tutti i mali. La tradizione di una tale animosità è lunga fra quegli intellettuali d’Occidente che hanno concesso il beneficio del dubbio se non la propria totale simpatia a quei sistemi politici che denunciavano il movente del profitto e che proclamavano l’impegno per la creazione di una società più umana ed egualitaria e di esseri umani finalmente liberi dall’egoismo. Il fallimento dei sistemi comunisti nel migliorare la natura umana non significa che ogni tentativo in tal senso debba essere destinato al fallimento, ma che di fatto i miglioramenti saranno modesti e che ottenerli con la coercizione sarà tutt’altro che facile.

05 novembre 2009

Kindle (E-Book) e gli zaini pesanti

Per i drogati di Internet



Per verificare l'Internet addiction disorder, basta cimentarsi nella risoluzione di questo semlplice test, realizzato dalla psicologa Kimberley S. Young, che serve appunto a rilevare eventuali rischi di dipendenza da web. Si può riscontare il proprio grado di intossicazione sottoponendosi a questa serie di domande, rispondendo in base a uno spettro di opzioni (1 = mai; 2 = raramente; 3 = ogni tanto; 4 = spesso;
5 = sempre).

1. Quante volte vi siete accorti di essere rimasti online più a lungo di quanto intendevate?
2. Vi capita di trascurare le faccende domestiche per passare più tempo online?
3. Vi capita di preferire l’eccitazione offerta da Internet all’intimità con il vostro partner?
4. Vi capita di stabilire nuovi rapporti con altri utenti online?
5. Accade che le persone attorno a voi si lamentino per la quantità di tempo che passate online?
6. Accade che i vostri studi risentano negativamente della quantità di tempo che passate online?
7. Vi capita di controllare la vostra e-mail prima di fare qualche altra cosa importante?
8. La vostra resa sul lavoro o la vostra produttività sono influenzate negativamente da Internet?
9. Vi capita di stare sulla difensiva o di minimizzare quando qualcuno vi chiede cosa fate online?
10. Quante volte vi ritrovate a scacciare pensieri negativi sulla vostra vita con il pensiero consolatorio di Internet?
11. Vi capita di scoprirvi a pregustare il momento in cui andrete nuovamente online?
12. Vi succede di temere che la vita senza Internet sarebbe noiosa, vuota e senza gioia?
13. Vi capita di scattare, alzare la voce o rispondere male se qualcuno vi disturba mentre siete collegati?
14. Perdete ore di sonno perché restate alzati fino a tardi davanti al computer?
15. Vi capita di concentrarvi col pensiero su Internet quando non siete al computer, o di fantasticare di essere collegati?
16. Vi capita di scoprirvi a dire "ancora qualche minuto e spengo"quando siete online?
17. Avete già tentato di ridurre la quantità di tempo che passate online senza riuscirvi?
18. Cercate di nascondere quanto tempo passate online?
19. Vi capita di scegliere di passare più tempo online anziché uscire con gli altri?
20. Vi capita di sentirvi depressi, irritabili o nervosi quando non siete collegati, mentre state benissimo quando siete nuovamente davanti al computer?


"Dopo aver risposto a tutte le domande, fate la somma delle cifre assegnate ad ogni risposta per il vostro punteggio. Più alto è il punteggio, maggiore è il livello di dipendenza e più numerosi i problemi causati dall’abuso di Internet. Questa scala vi aiuterà a misurare il vostro punteggio".

20 – 39 punti: siete utenti "normali". A volte vi può capitare di navigare in rete un po’ troppo a lungo, ma avete il controllo della situazione

40 – 69 punti: avete già diversi problemi a causa di Internet. Dovreste soffermarvi a riflettere sull’impatto di questa tecnologia nella vostra vita.

70 – 100 punti: il vostro abuso di Internet sta causando problemi notevoli nella vostra vita. È opportuno che li affrontiate adesso.

04 novembre 2009



Maurizio Gasparri è stato al centro di un chiacchiericcio legato a vicende che riguardano le frequentazioni di politici e transessuali, ma ha detto di essersi perso per le strade di Roma, di non confondere una via ubicata nella Capitale per giustificare un ritardo in una cena del 1996 che alcuni addebitano maliziosamente a un impedimento trans-politico.

All'uscita di un convegno a Pescara su "Domanda di Giustizia, e dovere di verità" è stato avvicinato a fatica da una militante del movimento delle agende rosse ha ricevuto le dieci domande elaborate da Salvatore Borsellino (sostanzialmente la guida spirituale del movimento, fratello del magistrato ucciso in via D'Amelio), la reazione di Gasparri è stata stizzita e puntuale: "La ringrazio, ma non le leggerò ... Lei è giovane, non sa che Salvatore era disistimato dal fratello". Per fortuna in questo caso il suo ricordo è stato nitido, la memoria fulgida e a prova di bomba rispetto alle amnesie.

03 novembre 2009

La morte ai tempi di Facebook, un clic dall'aldilà non vi seppellirà



Non si interrompe un'emozione, figurarsi un'amicizia su Facebook anche se dall'oltretomba. Che cosa succede alla pagina personale di un utente Facebook passato a miglior vita? Niente paura i profili degli utenti deceduti brillano di vita propria, anche dopo il trapasso a miglior vita.

Nel caso in cui gli amministratori del sito ricevano comunicazione del trapasso di un internauta, lo stesso passa alla modalità in memoria di, quindi sul wall si potrà continuare a postare messaggi e considerazioni, mentre chi ovviamente non segnalerà l'avvenuta scomparsa potrà ricevere il flusso normale delle notizie che spammano l'ordinario quotidiano di un utente. L'opzione "riconnect" può creare degli incidenti diplomatici in questi casi e di gaffe involontarie, immaginiamo di riprendere a usare il social network (senza farsi abbacinare dal fatalismo) dopo un lutto, magari potrebbe ricomparire l'opzione scrivi a un amico con cui non parli da tempo, con tanto di immaginetta e iconcina di un defunto, i cui amici e/o parenti non hanno ottemperato, tra certificati di morte, loculi e burocrazia mortuaria, a disattivare il fondamentale servizio del Facebook-addicted.

02 novembre 2009

You tube, placenta del mondo


estratti di un saggio breve di Alberto Abruzzese tratto dall'Altronline.it

(...)Posso allora tentare di mettermi dalla parte del lettore. Calarmi nell'orizzonte emotivo di chi è già attore partecipe e competente di YouTube ma anche di chi è ancora un semplice osservatore, fermo sulla soglia tra mass media e new media, tra libro/televisione e computer. Nell'uno e nell'altro caso, YouTube colpisce la nostra immaginazione, la sollecita a interrogarsi sul mondo che viene (anzi: forse le attese sul futuro dell'incompetente, poiché senza freni e inibizioni realistiche, fruttano all'immaginazione più di quanto possano le circostanziate certezze dell'utente d'abitudine, del professionista consumato, ormai razionalizzate e strumentalizzate come sono).

Posso quindi tentare di dire cosa mi suggeriscono i fenomeni di cui YouTube si sta facendo annuncio e rivelazione. Posso provare a immaginarmi per un attimo la curva epocale che stiamo vivendo. Ecco: YouTube è l'attimo prima di rientrare nella placenta del mondo. L'attimo - nel senso di tempo terminale, insieme urgente e rallentato - in cui l'umano si sperde nuovamente nel vivente.

Non è un caso che questo salto dei linguaggi digitali coesista con le più ardite mutazioni genetiche, con la totale artificializzazione della carne umana, con il conflitto insanabile tra i corpi della società e la carne dell'esperienza vissuta, e infine con la totale compenetrazione tra protesi umane e cose. YouTube è l'attimo - come fu per lo scatto che dava luogo all'infinito fotografico - in cui l'eccesso di immagini è tale da avvolgere la carne umana e penetrare al suo interno, là dove non è più possibile vedere. La fotografia, per mezzo di se stessa aprì l'occhio umano sulla realtà fisica. Quasi due secoli dopo, YouTube - punta estrema della erotizzazione della vita quotidiana - sta ora narcotizzando lo sguardo, lo sta preparando al taglio di rasoio annunciato dal film surrealista di Luis Buñuel, Un chien andalou (1929).

La mia tesi è - lo ammetto - eccessiva e paradossale. Ma a me pare che il successo di YouTube non possa essere interpretato soltanto sulla linea di studi che hanno sempre visto l'evoluzione dei media come sviluppo dei processi di democratizzazione e/o come crisi a volte endemica a volte apicale della civiltà (delle etiche, estetiche e politiche del soggetto moderno: monoteista, razionalista e umanista). A me sembra che YouTube, invece, possa essere interpretato come allusione simbolica e effettivo avvicinamento ad una grande svolta antropologica, anzi biologica dell'esistenza mondana.

La frontalità degli schermi implode nella turbolenza continua delle immagini disseminate da YouTube. L'essere umano generato dal mondo - insieme produttore e consumatore di mondo, manipolatore degli ambienti necessari alla propria sopravvivenza e insieme da essi manipolato - ha di fatto sempre abitato sulla soglia tra l'interno e l'esterno della propria pelle. Tra un mondo profondo e remoto, fatto di sensazioni psicosomatiche, e un mondo, superficiale e effimero, fatto di mediazioni ottiche, di cerimoniali audiovisivi. YouTube ci sta riportando nel mondo originario di Narciso, un attimo prima che, nell'atto di specchiarsi e riconoscersi - vedersi di fuori invece che sentirsi di dentro -, cadesse nuovamente dentro se stesso, perdendo insieme la vita e l'immagine di sé. Una caduta che è parimenti destino e suicidio. Vita che sospinge la morte e morte che trascina in sé la vita.

Da rifiutare è l'imposizione autoritaria di una scelta monoteistica, di una lettura in tutto angelica o in tutto diabolica. YouTube non sarà l'ultima diavoleria del nuovo millennio. Ne verranno altre. Ovvero altri sviluppi che lo renderanno un retroterra comunicativo normale. Ma a volte anche brevi episodi hanno la potenza di illuminare il futuro e ancor più il passato che vi si rigenera. YouTube consente di rileggere l'intera storia sociale dello schermo, il dispositivo che ha dato letteralmente luogo al Novecento, trasformando la tridimensionalità della metropoli nella bidimensionalità del cinema; e dando così spazio ai processi di socializzazione moderni, alle loro mitologie e narrazioni, ai loro attori.

01 novembre 2009

I calabresi di fronte alle ingiustizie

In una lettera pescata dalla rubrica che Corrado Augias tiene quotidianamente su Repubblica, un lettore (tale Erminio Cervello), emigrante calabrese, si chiede quale dignità abbia un popolo e una classe dirigente che insorge per le parole insulse di Antonelllo Venditti: "Perché Dio ha creato la Calabria?", mentre tace di fronte alla sopraffazione della Mafia e al prevalere delle ingiustizie.

E' ormai acquisito che la questione meriodionale sia questione statuale, ma il fatto non crea indignazione e non è questo che interessa, bensì le conclusioni di amara rassegnazione che accomunano anche le nuove generazioni e descrivono lo stato d'animo desolato di tanti calabresi onesti e oriundi: "Noi ragazzi di Calabria, proviamo vergogna, parliamo a bassa voce, camuffiamo l'accento, italiani di serie B, figli di una terra che ci ripudia".

Certo non è che la risposta del giornalista e scrittore, che ai più può apparire semplicistica e affrettata lasci spiragli di speranza, ma tocca la madre di tutti i nodi: il lavoro, elemento imprescindibile dal quale ripartire nell'affrontare il tema: "Ma l'aspetto che più mi ha colpito è dover constatare ancora una volta che i migliori cervelli continuano ad andare altrove. Mi pare questo il problema numero uno della Calabria: convincere i suoi giovani a restare. Non a chiacchiere ovviamente, ma offrendogli ciò che un giovane s'aspetta, la dignità di un lavoro".