15 luglio 2009

Milano-Calabria. Via Valtellina "espropriata" diventa via Rocco Gatto


Un'azione di esproprio toponomastico finalizzata a promuovere la Lunga Marcia della Memoria delle vittime di mafia, e a ricordare i caduti di una guerra inammissibile in un paese civile, intitolando loro piazze, strade, vie.

E così via Valtellina a Milano è diventata via Rocco Gatto, mugnaio, vittima della violenza della 'ndrangheta.

Il 12 marzo 1977 muore Rocco Gatto a Gioiosa Ionica. È un mugnaio iscritto al Pci, un uomo onesto, che non vuole pagare la mazzetta e non ha paura. Lo uccidono a colpi di lupara, poco dopo una sua testimonianza per fatti che non lo riguardavano direttamente. Dall’apertura del mulino di via Gramsci, Rocco subisce richieste estorsive e minacce da parte di Luigi Ursini e Mario Simonetta, il capoclan e il gregario, imputati per la vicenda del mugnaio e condannati in via definitiva nell’88 per estorsione aggravata. Rocco Gatto non è solo a lottare contro la ‘ndrangheta. A Gioiosa s’incrociano storie uniche. Gioiosa è il paese dello sciopero cittadino contro la mafia, nel ‘75, il primo in Italia. È anche il primo Comune a costituirsi parte civile in un processo contro le cosche. Protagonista di questi primati dell’antimafia è Francesco Modafferi, in quegli anni battagliero sindaco del Pci. A Gioiosa c’è anche don Natale Bianchi, un prete del dissenso, in rotta con il clero ufficiale dopo lo scontro con il prete in odore di mafia, don Giovanni Stilo. Dalla Locride passa anche un carabiniere di ferro, il capitano Gennaro Niglio. Che usa i vecchi metodi, spesso fa a pistolettate coi latitanti, ma la ‘ndrangheta la combatte davvero. A scatenare la furia degli Ursini e l’uccisione del reggente della cosca Vincenzo, il 6 novembre del ‘76, in uno scontro a fuoco coi carabinieri. Il giorno successivo, il clan decide di bloccare il frequentatissimo mercato domenicale e chiude tutte le strade di accesso al paese, poi impongono il coprifuoco ai commercianti. Tutto chiuso. Rocco vede e decide di fare i nomi al capitano Niglio, e di confermarli davanti al giudice. Passano poche settimane. Rocco guida il suo furgone Fiat, è ancora mattino presto. Porta i sacchi della farina da consegnare. Due colpi o tre, in successione. Fucili con pallettoni caricati a lupara. Il camion prosegue la sua marcia per qualche metro. Qualcuno soccorre Rocco, lo aiutano a scende, lo distendono, poi più nulla. Quella che segue è una storia di battaglie civili e umane, delle grandi manifestazioni di piazza, dell’ostinazione del padre di Rocco, Pasquale Gatto, e della medaglia d’oro consegnata. È la storia del murales dipinto nella piazza del mercato da Giovanni Rubino e Corrado Armocida. È il Quarto Stato dell’anti-’ndrangheta, che sarà restaurato trent’anni dopo.

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