19 dicembre 2009

Il Ponte, il Faraone e la Fata Morgana



articolo tratto da IlManifesto.it

Si racconta che quando i Normanni nell'XI secolo arrivarono sulla punta estrema dello stivale si trovarono di fronte a una inattesa visione: la terra dei Siculi si era unita a quella dei Bruzi. Stupiti, spronarono i cavalli recalcitranti ad attraversare lo Stretto e così finirono nelle sue gelide acque, vittime di un effetto ottico di rifrazione della luce. Intuirono subito che lo scherzetto non poteva che essere stato organizzato dalla Fata Morgana , la quale doveva abitare necessariamente nel suo castello di vetro in mezzo allo Stretto. D'altra parte, di fronte sorge l' Etna, il gigante che sputa fuoco e nelle cui viscere viveva Re Artù.
Lo Stretto di Messina è un luogo peculiare in tutto il Mediterraneo, un concentrato di miti e di effetti speciali, di culture arcaiche, di paesaggi mozzafiato e di straordinari fenomeni fisici. Qui avviene lo scontro/incontro tra lo Jonio ed il Tirreno che genera le correnti più forti del mare nostrum, nelle quali importanti studi del Cnr individuano un enorme potenziale di produzione di energia pulita. Qui spiaggiano i pesci abissali, uno spettacolo unico della natura, oggetto di ricerca da parte di studiosi provenienti da tutto il mondo. Qui si ambienta e si rinnova una delle pagine più belle del viaggio di Ulisse che Omero ci ha regalato: Scilla è tutt'ora una grande roccia con aspetti mostruosi, oggi inabissata a circa cinquanta metri di fronte al castello dei Ruffo; Cariddi è un vortice tutt'ora pericoloso se ci si avvicina con una piccola imbarcazione.
Di fronte a queste meraviglie della natura chi poteva pensare di costruirci un ponte? E chi poteva solo pensare di progettare un ponte che per essere collegato alle ferrovie ed alle corsie autostradali esistenti deve mettere a soqquadro due territori di straordinaria bellezza e fragilità? Passare sopra la testa dei messinesi, bucare colline di sabbia friabile, coprire con una colata di cemento Ganzirri e i suoi laghetti salati, devastare le montagne di Scilla, gettare un'orgia di bretelle autostradali e ferroviarie per portare macchine e treni a novanta metri di altezza.
Solo un novello Faraone poteva accanirsi per realizzare un'opera così devastante, che distrugge l'economia locale , riduce l'occupazione e cancella uno dei paesaggi più belli al mondo. Naturalmente il Faraone ha al suo fianco un'ampia schiera di cortigiani, capi tribù, astrologi che non sbagliano mai. Per questo il costo complessivo dell'opera non è mai stato calcolato, la stime variano di anno in anno, in base alla configurazione degli astri e al mutare delle stagioni. Questa volta però non si tratta di costruire una piramide in un deserto, ma un'opera gigantesca in un'area ricca di natura e cultura. Soprattutto, il Faraone non sa, come non lo sapevano i celti-normanni, che questo è lo spazio della Fata Morgana, che è ancora viva e vegeta e non finisce di sorprenderci. E' lei che unisce Reggio e Messina, il nord ed il sud di questo paese, portando oggi decine di migliaia di persone di fronte alla magia dello Stretto, spostando le nuvole minacciose che incombono, inabissando nelle sue acque l'idea stessa del Ponte. Un'idea malefica, che è costata finora centinaia di milioni di euro per accrescere la platea dei servi e dei cortigiani allevati dalla Società Stretto di Messina. Un'idea malvagia, che ha provocato già lo smantellamento dei servizi di trasporto tra le due sponde, con un grave danno agli oltre seimila passeggeri che quotidianamente prendono la metro del mare, cioè l'aliscafo che unisce le due città.
Attento Faraone, sembra dire la Fata Morgana dal profondo blu dello Stretto, qui si sono inabissati i Normanni, qui in un attimo, nel 1908, si sono sbriciolate le case a cinque piani che sorgevano sul mare, qui il mito prometeico della nostra civiltà trova il suo limite invalicabile. Qui possiamo ritrovare la strada che porta alla salvaguardia degli ecosistemi e della vita sul nostro pianeta.

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