27 agosto 2010

Reggio, la bomba e il verminaio


L'aria è pesante in riva allo Stretto, dopo la bomba ad alto potenziale piazzata sotto l'abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro. Il movente resta ignoto. La strategia della tensione mira a destabilizzare Tutti i quotidiani nazionali mettono in risalto il nuvo corso inaugurato nove mesi fa da Di Landro. Sullo sfondo trame eversive, pezzi di serviszi segreti deviati, depistaggi. Nella città palude tutto si inabissa. "Nei prossimi mesi arriveranno in corte d'Appello 45 maxi-processi. E poi i lavori di costruzione del Ponte sullo Stretto, soldi che fanno gola alle 'ndrine. E c'è chi non esclude che un filo rosso colleghi Reggio a Palermo, come testimoniano i proiettili inviati alle due procure, uguali come i messaggi che accompagnavano", come sospettato dal Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso
E' un problema di uomini e mezzi ha spiegato Di Landro, anche se è il sostituto Nicola Gratteri a esemplificare il problema: "Con questi codici non si va da nessuna parte, con questo sistema alla fine delinquere non è sconveniente. Pensi alla recente operazione tra la Calabria e Milano che ha portato a centinaia di arresti: la metà dei processati, se condannati, si faranno sei o sette anni di galera. Niente rispetto alla prospettiva di gestire interi Comuni. Il sistema penale non è all'altezza. Se invece li condannassimo a 30 anni da scontare in un'isola a lavorare per mangiare, allora delinquere sarebbe sconveniente. E forse i 15enni penserebbero che è meglio lavorare la terra piuttosto che fare i corrieri della droga. Anche stavolta si sente dire che "lo Stato deve reagire". (Il Riformista).

Tornando al cuore del problema. La domanda che in tanti si fanno a Reggio è perché dopo otto mesi sono tornati alla carica contro il Procuratore Di Landro? Da quando si è insediato nel novembre dell'anno scorso, Di Landro ha messo in liquidazione quella pratica che lui stesso ha definito da "ufficio saldi". Il suo arrivo alla Procura generale ha coinciso con l'abolizione del "patteggiamento allargato", una prassi molto diffusa a Reggio. La direttiva Di Landro è stata quella in sostanza di confermare le pene di primo grado, senza i saldi dell'appello della gestioni passate. Non si è ai livelli dell'ammazzasentenze, ma per i mafiosi, il procedimento in appello ha sempre rappresentato una via di fuga, un controbilanciamento rispetto alla rigidità della "prima linea", delle inchieste della Procura, delle retate della polizia giudiziaria e delle condanne durissime in primo grado. E poi c'è un episodio in particolare che è sulla bocca di tutti e che lo stesso Di Landro ha ampiamente motivato al Csm. E riguarda un sostituto procuratore generale, Francesco Neri, che in via cautelare il Csm ha trasferito alla Corte d'appello di Roma. In sostanza, Neri era il pm di un processo d'appello contro gli imputati dell'omicidio della guardia giurata Luigi Rende, uccisa il primo agosto del 2007 nel corso di una rapina. Processo nel quale Neri rappresentava la pubblica accusa. Di Landro, quindi, decise di togliere il procedimento a Neri a poche udienze dalla sentenza di Appello che ha confermato cinque ergastoli comminati in primo grado. (Claudio Cordova, l'Unità)Legale di uno degli imputati è lo stesso difensore del Pm nell'udienza, Neri appunto, l'avvocato Lorenzo Gatto (Guido Ruotolo La Stampa). Il caso Neri è stato portato all'attenzione del Csm e il magistrato è stato trasferito per incompatibilità ambientale a Roma. E' un argomento su cui torna anche sullo stesso giornale il "mafiologo" Salvo La Licata: "in Calabria ciò che accade non ha solo un movente mafioso", nel senso che non è solo la 'ndrangheta a muovere i fili. C'è una situazione di condizionamento ambientale, di collusione diffusa che può benissimo indurre a scelte cruente anche la più placida delle borghesie mafiose". Il vulcano è pronto a eruttare, come testimoniano anche le intimidazioni al sindaco facente funzioni Peppe Raffa e le intimidazioni al procuratore Pignatone, lo sciame intimidatorio. Francesco Viviano su Repubblica parte da lontano nell'analisi della situazione: "La cimice (quella ritrovata negli uffici dui Nicola Gratteri, n.d.r.) a palazzo di giustizia l'ha messa quel magistrato...". E fa anche il nome, quello di un notissimo magistrato calabrese. "Hai saputo che hanno trovato una microspia negli uffici del pm Gratteri?», chiede un familiare al boss detenuto e che era stato arrestato per avere favorito la latitanza di uno dei più grossi capi mafia calabresi, Pasquale Condello. Il detenuto, senza tentennamenti risponde in maniera lapidaria: "Si, gliel'ha messa...... È un'intercettazione ambientale, una conversazione registrata, l'inchiesta sarà archiviata". Spazio sulla stampa anche ai collegamenti con l'ultima inchiesta "Il Crimine" e al ruolo di un arrestato, Giovanni Zumbo, commercialista, soltanto indagato, in passato segretario particolare dell'onorevole Sarra,sottosegretario della Regione, l'uomo che avvisa mafiosi del calibro di Giuseppe Pelle e Giovanni Ficara dei blitz che da Reggio a Milano si stanno per abbattere sulla 'ndrangheta. Nei prossimi mesi potrebbe abbattersi un terremoto sulla vita politica calabrese: "Perché restringe e di molto il campo in una città dove tutti, dai salotti che contano ai frequentatori dei caffè del centro, sanno che presto uno tsunami giudiziario si abbatterà sulla politica calabrese. Arriverà da Milano, dove Ilda Boccassini ha decapitato la Cupola della 'ndrangheta in Lombardia, o dalla stessa procura di Reggio, dove si scava ancora sui rapporti tra boss e politici di rango". Enzo Ciconte, esperto di 'ndrangheta mette sull'allerta: "Temo che possa succedere qualcosa di più pesante". Da Di Landro anche parole amare: "Ora arrivano le solidarietà ma poi tutto tornerà come prima E ci scapperà il morto". Alcuni degli arrestati nel corso dell'inchiesta Il Crimine avrebbero iniziato a collaborare se fosse vero - sarà interessante capire che cosa accadrà nei prossimi mesi/anni, anche perché sembra che le prime dichiarazioni chiamerebbero in causa alcuni politici calabresi in affari con le cosche proprio in Lombardia. Del resto, tanto a Milano quanto a Reggio, nessuno fa mistero del fatto che le inchieste in autunno subiranno un nuovo impulso che dovrebbe condurre proprio nelle stanze dei bottoni della politica lombarda e calabrese.

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