23 agosto 2010

Il caso Mancuso e il familismo dalla parte degli intellettuali


Si fa presto a dire: "Ribelliamoci al cancro berlusconiano, mandiamolo via, la società civile deve avere uno scatto di reni, eccetera". Quanti appelli ha firmato l'intelighentia italiana edita a Segrate?

Dopo la pubblicazione dell'editoriale del teologo Vito Mancuso che ha abbandonato di fatto la casa editrice di Segrate, in seguito alla legge ad aziendam che ha condonato praticamente quasi 350 milioni relativi a una controversia che il gruppo teneva con il fisco, beneficiando di una legge appositamente varata, sono in pochi ad avere abbandonato il comodo vascello del primo gruppo italiano. I casi di coscienza se li risolvono da soli, il danno economico non giustificherebbe le logiche dominanti. Le giustificazioni sono molteplici. In realtà anche gli intellettuali italiani tengono famiglia. Tutti compatti e solidali contro il genocidio in Ruanda o la povertà nel Botswana. Magari sono gli stessi intellettuali che si ribellavano contro Massimo D'Alema, quando infuriava la polemica sul segretario del principale partito di opposizione che pubblicava libri per la Mondadori. Fino alla prossima levata di scudi.

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