26 gennaio 2010

In un’oliva la Calabria di domani


tratto da Micromega.it


Croce amava spesso ripetere, a proposito di tutto il meridione: “Il Sud è un paradiso abitato da diavoli”. Ecco una storia positiva di come “fare impresa” in Calabria possa diventare una “battaglia per un nuovo modello di sviluppo” e un progetto di riscatto sociale. Quella di Domenico Cristofaro e della 'sua' Ecoplan.

di Ilaria Donatio

La prima cosa che Domenico Cristofaro dice al telefono, è che è un geometra calabrese figlio di due sarti, “per chiarire subito che lui è partito da zero”, che “se in Italia fare gi imprenditori è difficile anche quando si eredita un’impresa bell’e avviata”, partire da zero, può rivelarsi un “handicap”, perché “sei un pioniere, nel bene e nel male”.

La seconda è spiegare perché lo ha fatto: la “volontà di uscire fuori dai soliti schemi assistenzialistici”, la “voglia di dimostrare a se stessi e al territorio di poter fare qualcosa di diverso” e l’idea di “creare ricchezza e sviluppo con l’autoimprenditorialità”. Il territorio: tornerà spesso durante tutta la conversazione, per dire che non è solo teatro o sfondo, ma la chiave di tutto, perché “nulla sarebbe potuto essere fuori dalla Calabria”, questo è “fuori discussione”.

È subito chiaro, dunque, che questo pioniere di Polistena - nella parte orientale della Piana di Gioia Tauro, alle pendici dell’Aspromonte - ha grinta da vendere. Di lui e della sua impresa, Ecoplan, si è molto parlato negli ultimi mesi: un’“idea-progetto” concepita 17 anni fa ma ancora unica e rivoluzionaria per l’industria ambientale: da un impasto realizzato con la sansa esausta di olive (solo nella Piana se ne producono due milioni e mezzo di quintali ogni anno) – risultato dell’ultima spremitura delle olive - e con polipropilene riciclato, ottenuto con i residui della lavorazione di pannolini per bambini, Domenico ha costruito pannelli ecologici molto resistenti, con uno spessore che può arrivare fino a trenta millimetri (tanto che in un comune vicino Milano, ci hanno pavimentato i percorsi pedonali all’interno di un parco pubblico).

Ma le lastre dell’imprenditore calabrese sono adatte a una miriade di utilizzi: pavimenti, scaffali, mobili, arredi scolastici, allestimenti di soppalchi, strutture balneari, pianali di veicoli industriali o di container: tutto senza tagliare un albero. Una plastica speciale – la Ecomat - riciclabile all’infinito (l’azienda ritira e ricicla i propri prodotti a fine ciclo vita, abbattendo i costi di acquisto dei nuovi), ma priva di formaldeide o di altre sostanze cancerogene - spesso contenute nelle colle con cui si producono i pannelli in legno - che potrebbe scompaginare totalmente l’industria dei pannelli e dei laminati.

Così, è nata Ecoplan. Dopo “dieci anni di ricerca e sviluppo, spesi per mettere a punto il prodotto”, la linea di produzione è stata definitivamente messa a punto nel 2007 e già ha fatto notizia in tutto il mondo tanto che “cinesi e coreani” - produttori mondiali di container – “sono venuti a vederla” (ma, con un pizzico di orgoglio, Domenico ci informa che i campioni li ha chiesti anche un big come Norman Foster, grande architetto e designer britannico e L’Oréal li sta esaminando con attenzione, per i pavimenti e gli arredi “ecologici” dei suoi nuovi show room in giro per il mondo).

E la ‘ndrangheta? “Non si è fatta vedere, ancora, forse perché è un settore ad alta tecnologia che per ora non produce ricchezza,”. Ma se bussasse alla sua porta, Domenico non ha dubbi: “Se cedessi alla richiesta del pizzo, sarebbe come cederle un pezzo di mio figlio”. Lui, che di figli ne ha due (di dodici e quattordici anni), ha scelto una gestione sempre trasparente della sua impresa, a qualsiasi prezzo: come quando ha “restituito allo Stato oltre 250 mila euro dei finanziamenti ottenuti” (perchè non li aveva potuti spendere come inizialmente previsto, a causa di problemi legati alla ritardata messa a punto dell'impianto), su un totale di un milione e 300 mila euro di finanziamenti a fondo perduto, cui ha avuto accesso grazie alla legge 44 per l’imprenditoria giovanile (l’investimento complessivo realizzato è pari al doppio, circa due milioni e mezzo).

Neanche la malattia ha piegato questo calabrese vitalissimo e coriaceo che, per curarsi, qualche anno fa se n’è andato da solo a Milano, per poi tornare a occuparsi dell’azienda, “la sua medicina migliore”. E trova, di tanto in tanto, anche la forza di rassicurare chi gli sta accanto: “Mia moglie ha avuto, giustamente, momenti di stanchezza durante tutti questi anni” perché “non è facile seminare sempre e attendere il momento della raccolta: a un certo punto ti chiedi anche se arriverà, prima o poi”.

In futuro, dovrebbe partire un’altra sfida: quella di utilizzare al posto della sansa, la lolla di riso, cioé la parte dell’involucro che contiene il riso e che viene scartata durante il ciclo di lavorazione dello stesso. Nell’ambito del programma di cooperazione ambientale tra Italia e Cina, è allo studio il “progetto Ecomat”: nel dragone rosso la quantità di lolla presente, è talmente elevata da costituire un serio problema per il suo smaltimento. Ed ecco che Domenico pronto a scommettere: quella di realizzare, in Cina, uno o più impianti per la produzione di pannelli, utilizzando scarti industriali di origine vegetale, la lolla del riso, alternativi ai pannelli in legno tropicale perché, spiega, “la produzione di legname per scopi industriali è tra le cause principali della deforestazione nelle aree tropicali”.

La verità è che Italia è piena di progetti innovativi (che non fanno rumore) ma quando “fare impresa” diventa una “battaglia per un nuovo modello di sviluppo” (Ecoplan è stata premiata dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, presieduta da Edo Ronchi), quando “investi in una terra” la cui economia è governata, in troppi settori, dalla ‘ndrangheta, e sorretta da braccia clandestine, come gli immigrati di Rosarno (a dieci chilometri dai padiglioni della Ecoplan), dove sfruttamento e illegalità sono all’ordine del giorno, allora si tratta di vera “resistenza” condita da un po’ di “sana utopia”.

“Questa, oltre ad essere una missione imprenditoriale”, è anche una “missione sociale, etica, responsabile, stimolatrice”, legata al territorio di cui vuole sfruttare in maniera positiva, peculiarità e caratteristiche. Ma “senza stravolgerne l’assetto, con lo sguardo rivolto al futuro in maniera glocale e, al tempo stesso, ecologica e sostenibile, con l’ambizione di eccellere in innovazione e in qualità”.

In quella Calabria, dove di “aziende produttive vere e proprie ce sono davvero poche; dove, se vuoi fare le cose per bene e nel rispetto della legge trovi difficoltà, mentre se vuoi tagliare per il ‘corto’, magari, tutto diventa più facile e fattibile”. A cominciare dal rapporto con le amministrazioni pubbliche, con le istituzioni, con le banche, con i fornitori con i clienti, con il tessuto sociale e imprenditoriale... “Quante volte mi hanno chiesto di entrare in politica! Ma io mi sentirei incoerente: posso essere parte della classe dirigente anche facendo l’imprenditore”.

Lui che “don Pino De Masi, l’ha visto crescere” ed ha sempre con sé “la tessera di Libera in tasca” (impegnata nella lotta contro tutte le mafie), riferisce il commento del sacerdote (referente dell’associazione per la Piana di Gioia Tauro) ai fatti di Rosarno: “Il problema immigrati non esula dal problema delle mafie perché è la ‘ndrangheta che gestisce tutto ed è sempre la criminalità organizzata che stabilisce i movimenti, le paghe ed il compenso dei caporali”. Per poi citare quel detto antichissimo, che Benedetto Croce amava spesso ripetere a proposito di tutto il meridione: “Il Sud è un paradiso abitato da diavoli”. E chiudere con le parole del “più grande scrittore calabrese di sempre”, Corrado Alvaro, che nel suo diario, all’inizio di un viaggio che lo avrebbe portato a Torino per insegnare, scriveva “… è anche troppo quello che sono riuscito a combinare con tutti gli inconvenienti con cui sono partito: meridionale, povero, scrittore”.

(21 gennaio 2010)

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