13 gennaio 2010

Calabria, dove «nulla è come sembra»


di Giuseppe Chiellino da Il Sole 24ore.it

Intervista a Gioacchino Criaco,
lo scrittore di Africo (RC) che racconta la mafia dal di dentro e spiega i perché della bomba alla Procura di Reggio e degli scontri tra italiani e immigrati a Rosarno

«Ora arriveranno i blitz anti-ndrangheta, un po' di malavitosi finiranno in galera l'opinione pubblica avrà soddisfazione, lo stato avrà mostrato i suoi muscoli in Calabria e poi tornerà il buio. E come accade da secoli, il sistema ha funzionato alla perfezione». Giocchino Criaco, scrittore, è nato e vive ad Africo, alle pendici dell'Aspromonte sulla costa jonica reggina e più volte nelle cronache per fatti di ‘ndrangheta. Della ‘ndrangheta conosce ogni risvolto, c'è cresciuto dentro e ne paga personalmente le conseguenze.

Criaco ha raccontato la ‘ndrangheta da dentro, in due romanzi, Anime Nere e Zefira, editi da Rubbettino, narrando impietosamente la Calabria e i calabresi. Gli abbiamo chiesto cosa pensa dei fatti di Rosarno ("Una guerra tra poveri con la regia delle cosche" abbiamo titolato da subito) e dell'ordigno fatto esplodere qualche giorno prima davanti alla Procura di Reggio Calabria.

Il pensiero levantino
"Nulla in Calabria è come sembra, nulla è scontato" risponde. "Una vecchia leggenda dell'Aspromonte racconta che gli abitanti del versante orientale, dopo aver goduto del tepore del sole lo aspettavano sulla cima al monte e lo coprivano con una maschera, sempre più mostruosa. Gli abitanti del versante occidentale non avevano mai potuto godere del suo calore. Anzi erano terrorizzati dall'aspetto orripilante. Scappavano via o si consegnavano schiavi agli artefici dell'inganno. Sin quando uno schiavo arguto, scoperto il trucco, non si nascose a levar la maschera apposta al sole dai levantini". La morale? "Se vuoi sapere chi è il colpevole devi individuare la vera vittima di un fatto e capire a chi, quel fatto stesso, giova".

Da Reggio a Rosarno, una successione non casuale di eventi
E' cosi' è anche per la bomba di Reggio e per i disordini di Rosarno, scoppiati proprio mentre nel capoluogo si riuniva il Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico, con due ministri del Governo centrale. Per Criaco la successione di eventi non è affatto casuale, fa parte dello stesso disegno. Così come non è casuale che bomba e rivolta degli immigrati siano esplose all'inizio della campagna elettorale per il voto delle regionali. "Il disegno di chi – spiega – ha bisogno di creare confusione per serrare le fila, e riconquistare la fiducia di quei calabresi che stavano cominciando a rendersi conto dell'inganno e ad abbandonare le logiche mafiose". La risposta "scontata quanto scomposta" dello stato centrale, come un "rullo compressore" schiaccia tutti, "i più cattivi, i meno cattivi e gli ex cattivi. Lo stato torna ad essere un nemico, per tutti, e tutti tornano disciplinatamente al vecchio ordine". In questo modo "si combattono gli effetti della mafia, la manovalanza, non le origini e, dunque, i suoi vertici".

La risposta scomposta dello Stato
Uno stato forte "dovrebbe dare risposte serie, non forti, regole normali, non speciali. Dovrebbe individuare e punire singoli colpevoli e non sparare nel mucchio. Dovrebbe dare libertà e risposte alle comunità territoriali. Non accendere fugaci meteore, fatte solo di divise e manette. Dovrebbe supportare le voci locali e non soffocarle solo con parate militari. La Calabria – sostiene lo scrittore - ha bisogno di sentire la presenza dello stato nella quotidianità, nella normalità, non nell'emergenza. Lo stato centrale invece ha delegato la propria rappresentanza alle dinastie che da decenni qui controllano politica, istituzioni, economia, sanità. Fino a quando il potere resterà nelle mani di queste dinastie, la ‘ndrangheta e le mafie non potranno essere sconfitte". Perché? "Perché chiunque venga qui per combattere il malaffare, poliziotto o magistrato che sia, non può fare a meno di appoggiarsi alle istituzioni locali. Ma se queste sono controllate in modo capillare dalla ‘ndrangheta, tutto è inutile".

Quando toccano i poteri forti le inchieste si fermano
Nessuna inchiesta seria, afferma Gioacchino Criaco, "ha mai fatto luce sui mali di questa terra e quando qualche magistrato, come Cordova qualche anno fa o De Magistris, più di recente è andato a guardare da vicino politica o massoneria, sappiamo come è andata a finire. Cordova trasferito a Napoli, De Magistris fuori dalla magistratura".

Le vere vittime
Tornando ai levantini, dunque, chi è la vittima e a chi giova tutto quello che è successo? "La vittima è la Calabria e l'intera comunità calabrese, oggi sotto i riflettori, domani di nuovo dimenticata nel buio. Le vittime sono le imprese, gli imprenditori sani annichiliti, come con i sequestri negli anni 70, dalle dinastie. E oggi, come allora, la Calabria rischia di perdere un'altra occasione di sviluppo". I beneficiari? "Sono i cattivi veri, quelli che comunque vogliono continuare ad avere un ruolo sperando di restare gli interlocutori unici. Coloro i quali per trent'anni è stata garantita una totale immunità da istituzioni controllate da falsi servitori dello Stato. Oggi viene presentato anche a loro il conto da pagare e non ci stanno più. Gli andava bene quando a pagare per le loro malefatte erano poveracci, illusi di far parte di una fratellanza onorata e solidale".

La speranza, i piagnistei e il ricatto
Quindi una terra senza speranza? "No, la speranza è dell'uomo, ma i calabresi devono mettere fine a secolari piagnistei, devono osservare le regole e chiedere il rispetto dei diritti. Se si accetta anche solo una volta di tradire lo stato e la legalità si diventa ricattabili ed è finita. La libertà ha un prezzo, è una conquista che costa dolorosa fatica". Criaco continua a vivere ad Africo. Suo fratello è in carcere, in regime di 41bis, condannato a 20 anni. "Ha sbagliato, deve pagare e lo fa senza vittimismi. Io prendo le distanze dal fatto, ma non dall'uomo. Non posso abbandonare mio fratello, se lo abbandono io – dice senza ipocrisie - non avrà alcuna speranza di essere recuperato alla società civile". Da due anni ha lasciato il lavoro di consulente legale che svolgeva grazie alla sua laurea in legge. "Sono solo, mi basta poco, mi accontento di quello che riesco a guadagnare con i miei libri". Anime Nere ha venduto 20mila copie, sono stati ceduti i diritti cinematografici e di traduzione in francese alla Métailié, casa editrice che ha pubblicato tra gli altri Andrea Camilleri.

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