03 agosto 2009

Mezzogiorno e assistenzialismo


Il Sud zavorra dell'Italia a due velocità, sbeffeggiato dalle rivendicazioni autonomiste della Lega Nord e dalle consuete accuse di sperperare i fondi, disperatamente confinato in una condizione di perenne inefficienza e arretratezza. La vicenda dei fondi Fas denota anche la crisi dello stato nazionale, tara storica di un processo di unificazione tardivo, quantomeno abbastanza recente.

Una classe dirigente, spesso rapace e imbelle, che ha dissipato risorse comunitarie, fondi della 488 (i soggetti che beneficiano dei sovvenzionamenti sono quasi sempre legati con un sottile doppio filo alla criminalità organizzata), trasferimenti statali ha fatto da sponda alla delegittimazione del Mezzogiorno.

La percezione esterna della terra di diavoli abitata da Angeli (secondo la definizione di Benedetto Croce) sconta questo retaggio storico. Le ultime stime confermano la fuga di cervelli, che impoverisce il tessuto sociale e fa mancare quelle risorse che potrebbero mandare in corto circuito il clientelismo politico, che autoalimentandosi paralizza la crescita sociale ed economica del Meridione, e il suo ruolo di mercato di sbocco a vocazione assistenziale. Fin qui nulla di nuovo.

Negli ultimi dieci anni, secondo la Cgia di Mestre, è notevolmente aumentato il saldo pro capite nel Sud - la differenza tra quanto versano in termini di tasse e contributi alle amministrazioni pubbliche e quanto ricevono in termini di spesa pubblica i cittadini italiani - e la crescita è stata in gran parte aiutata dalle Regioni del Centro.

Negli ultimi 10 anni il divario Nord/Sud è aumentato a vantaggio di quest'ultimo. Se nel 2007 ciascun cittadino residente nelle Regioni ordinarie del Nord presenta un saldo di 5.295 euro - ovvero paga molte più tasse e contributi (precisamente 16.670 euro) di quanto riceve in termini di spesa (11.376 euro) quelli del Centro presentano un «differenziale» più contenuto pari, comunque, a 3.459 euro. Se anche per le regioni a Statuto speciale del Nord il dato resta positivo (907 euro pro capite), la situazione cambia segno quando si analizzano i risultati delle Regioni meridionali.

Dalla fotografia che emerge dalla lettura dei dati riferiti al 2007 quella del Sud si pone come un'economia al traino dei trasferimenti pubblici. La situazione al 1997 - i dati sono stati attualizzati ai valori 2007 attraverso l'impiego dell'apposito coefficiente di rivalutazione monetaria Istat - indica che se per le regioni ordinarie del Nord il quadro rimane pressocchè stabile (saldo pari a 5.278 euro pro capite contro i 5.295 del 2007), e migliora sensibilmente per le regioni a statuto speciale: per la Sicilia e la Sardegna il residuo fiscale si attesta sui 2.063 euro pro capite.

In questa macro area nel 1997 il saldo era pari a 1.958 euro, 10 anni dopo ha toccato, come dicevamo, i 3.459 euro. Il confronto tra il 2007 e il 1997 premia, invece, il Mezzogiorno. Se nel 1997 il saldo delle regioni ordinarie era di segno negativo pari a 900 euro pro capite (vale a dire che i trasferimenti ricevuti erano ben superiori delle imposte pagate), nel 2007 il residuo fiscale ha toccato, come ricordavamo sopra, la soglia dei 1.061 euro.

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