27 agosto 2009
L'epopea videocratica di Silvio Berlusconi
E senza dubbio il nostro tempo... preferisce l'immagine alla cosa, la copia all'originale, la rappresentazione alla realtà, l'apparenza all'essere... Ciò che per esso è sacro non è che l'illusione, ma ciò che è profano è la verità. O meglio, il sacro si ingrandisce ai suoi occhi nella misura in cui al decrescere della verità corrisponde il crescere dell'illusione, in modo tale che il colmo dell'illusione è anche il colmo del sacro.
(Feuerbach, Prefazione alla seconda edizione de L'essenza del Cristianesimo).
La Rai ha rifiutato il trailer del film di Erik Gandini, Videocracy, che sarà presentato alla prossima Mostra del Cinema di Venezia.
Difficile non comprendere le ragioni di un eccesso di zelo verso il sistema di potere televisivo del Grande Comunicatore, nonché presidente del Consiglio. Il memsmerismo della realtà e l'inabissamento delle notizie scomode, modello Minzolini, sono la sintesi di una realtà mediatica ossequiosa, per usare un eufemismo, verso il Cavaliere e i suoi sodali.
Il film, limitandosi alla sinossi: "sviluppa piuttosto una distanza critica singolare rispetto alle circostanze e ai personaggi rappresentati o ai materiali di repertorio selezionati e assemblati: distanza critica fatta di straniamento e profondo sdegno allo stesso tempo. E che nello spettatore italiano, convinto magari di aver già visto tutto ciò o di saperne anche di più, può sortire persino un prezioso effetto terapeutico". Nelle note di regia, redatte da Gandini, viene spiegato il significato di un documentario che si annuncia denso di polemiche per i suoi venticinque spettatori "In una videocrazia la chiave del potere è l’immagine. In Italia soltanto un uomo ha dominato le immagini per più di tre decenni. Prima magnate della TV, poi Presidente, Silvio Berlusconi ha creato un binomio perfetto caratterizzato da politica e intrattenimento televisivo, influenzando come nessun altro il contenuto della tv commerciale in Italia. I suoi canali televisivi, noti per l’eccessiva esposizione di ragazze seminude, sono considerati da molti uno specchio dei suoi gusti e della sua personalità".
Nella lettera di rifiuto indirizzata dalla Rai al distributore di Fandango Domenico Procacci, si legge che dato il proprietario delle reti e alcuni dei programmi "caratterizzati da immagini di donne prive di abiti e dal contenuto latamente voyeuristico delle medesime si determina un inequivocabile richiamo alle problematiche attualmente all'ordine del giorno riguardo alle attitudini morali dello stesso e al suo rapporto con il sesso femminile formulando illazioni sul fatto che tali caratteristiche personali sarebbero emerse già in passato nel corso dell'attività di imprenditore televisivo".
Con l'avvento di tv e computer è finita la lunga epoca del "sapiens" che si formava soprattutto leggendo. La neocivilizzazione orwelliana imposta dalla Tv, in particolar modo la tv commerciale, mista a ha cambiato irrimediabilmente il modo di ragionare delle persone comuni, modificando il pensiero analitico, portando a un impoverimento del capire. Trent'anni di donne scosciate, nudi seducenti, procacui e in abiti discinti hanno lobotomizzato gli italiani. In Italia i meccanismi di emulazione, i famosi quindici minuti di celebrità previsti da Wahrol, le chiavi dell'apparire sono stati dettati da un'industria culturale duopolistica, caratterizzata da un'esaltazione degli istinti più bassi e primordiali, di cui, un personaggio come Fabrizio Corona è una delle esemplificazioni più becere. Non è l'unico colpevole beninteso e non si tratta di una tesi intellettualistica. E' opinione condivisa tra i più insigni studiosi e massmediologici. Sua Emittenza (con la berlusconizzazione che ne è derivata) e le sue televisioni hanno esercitato una influenza precipua di nella deculturazione italiana con la spettacolarizzazione deteriore delle pulsioni più bieche che attraversano la società. Il velinismo non è che una componente di questo sistema di valori.
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