19 febbraio 2010

La Guerra di Rosarno

di Giorgio Bocca "L'Espresso"

A Rosarno, profondo Sud, i cittadini, i bianchi, hanno sparato sugli immigrati. i negri, c '' ministro degli Interni, il bravo Rnlx'rro Maroni, lia mandato la polizia per metterli in salvo, in loco per deportarli in un centro di assistenza. L'informazione nazionale, bianca, ne ne ha parlato come di una sollevazione spontanea dci cittadini, bianchi, stanchi di questi immigrati negri, ladri e sucidi che pisciavano sulla strada e molestavano le donne. Qualcuno ha scritto anche che c'era di mezzo la mafia, o 'ndrangheta come la chiamano da quelle parti. Guarda come cambiano le cose nel nostro protondo Sud. Io come cronista passai delle settimane a Rosarno e dintorni diciotto anni fa, e le cose stavano proprio in modo diverso, per non dire opposto. La 'ndrangheta o mafia a Rosarno era padrona, e gli onorevoli eletti da] popolo sovrano avevano ottimi, amichevoli rapporti con i padrini della cosca Pesce Pisano. Mafiosi e onorevoli s'incontravano in un locale elegante, tra Rosarno e Gioia Tauro, un bar ristorante di nome Cristal, lo stesso, in cui i deputati socialisti avevano festeggiato la loro vittoria alle amministrative. "Siamo il primo partito, abbiamo preso cinquecento voti in più a Rosarno" E subito chiedevano e ortcnevano l'immunità parlamentare e si presentavano come dei perseguitati dichiarando alla stampa: "È riduttivo e banalizzante parlare dell'intreccio mafia politica". Riduttivo? Banalizzante? Povera lingua italiana usata a sproposito. Era di diverso parere il procuratore Cordova:"Prendere voti dalla mafia, chiedere voti alla mafia", diceva, è reato". Diciotto anni fa quando frequentavo come cronista le splendide campagne di Rosarno un sindacalista del luogo mi spiegò come il dominio della malavita fosse per i giovani un evento naturale come il vento e la pioggia: "Sei nato da queste parti, devi starci finché campi? Ma come vuoi viverci? Vuoi lavorare nei campi da scuro a scuro? O stare in mare la notte intera per quattro pesci? E per chi le fai le barche con l'ascia se non ci sono più pescatori? No ragazzo, neppure se lo volessi è possibile. Cercati anche tu un posto di lavoro o di finto lavoro, su non fare l'ingenuo, lo sai come si fa, vendi anche tu quello che hai, la tua forza, la tua gioventù, chi comanda nella Piana li conosci bene nome per nome". "Io" - mi ha detto quel sindacalista, "capivo che avevano fatto il passo dalle scarpe, scarpe nuove, verniciate a punta". L'infrormazione nazionale ha dato grande spazio alla cacciata degli immigrati da Rosarno, i cattivi sporchi negri che pisciavano sulle strade e molestavano le donne. E qualcuno, di sfuggita, ha detto che forse è stata la mafia a fargli sparare contro qualche fucilata. Diciotto anni fa le cose erano più chiare, tutti sapevano che i Pesce Pisano erano padroni dei settecento ettari coltivati a kiwi e a eroina, per dire che di eroina la polizia ne aveva trovata a quintali nella loro fazenda, assieme a mitra. Kalashnikov e tre fucili a pompa più 230 milioni in banconote nascosti in pozzetti foderati con polistirolo, ma nessuno sapeva chi ce li aveva messi, nessuno parlava e gli amici degli amici dicevano che "è tutta una montatura". A Rosarno la mafia allora, ma credo anche oggi, ha il volto delle istituzioni inette i suoi uomini nei palazzi del potere, direttamente senza più ricorrere a uomini di paglia. Da Reggio arriva ancora il sindacalista Giuseppe Lavorato, uomo bello e fiero. Da lui capii cosa vuoi dire "a viso aperto". Mi disse: - Era il 1980 quando assassinarono il compagno Giuseppe Valarioti e fu il segnale che Rosarno era diventata terra di guerra". Lo è ancora, anche se molti fanno tinta di non capire.

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