11 maggio 2011

Il Signore degli schermi

Ma perché continuano a chiamarli talk show? Al di là della qualità generale, che suggerisce il ritocco onomastico talk choc, sarebbe forse il caso di aggiornare il format: talk Silvio.
Qualsiasi cosa ci sia in ballo, il vero, solo e unico oggetto della discussione (da saloon) è lui, il cavalier Berlusconi da Arcore. Come se non fosse già abbastanza immanente.
LA SAGA DEL CAVALIERE. I talk show son diventati una saga: Berlusconi e l'inflazione, Berlusconi e le elezioni, Berlusconi e lo tsunami, Berlusconi, Osama e Obama, Berlusconi e la fonte della giovinezza, Berlusconi ai confini del mondo, Berlusconi e i Pirati dei Caraibi.
Possibile che la tivù parlata d'altro non si curi? Perfino il patologico narcisismo degli italiani subisce una mutazione genetica: piuttosto che parlare di me, parlo di “lui”. O al massimo parlo di me che parlo di lui.
Le magnifiche ossessioni per Berlusconi rendono uguali tutti questi spettacoli della chiacchiera, che sembrano tanti e in realtà sono uno, trasversale, perenne e con qualche prodigio da professionisti del settore.
GLI ONNIPRESENTI DELLA TIVÙ. Sere fa c'era il ministro Romani a Porta a porta, giri canale e te lo ritrovi a Punti di vista. In concorrenza con se stesso. Ho dato una botta di zapping, fosse mai che me lo ficcavano pure al Grande Fratello e al programma delle Tate.
In un'altra occasione, c'è Maurizio Belpietro che baccagliava gagliardamente ad Annozero. Pubblicità. Giro, ed è anche lui a Porta a porta (Belpietro di sera, beltempo si spera), da dove poco dopo si congeda. Doveva andare da Santoro, che va in diretta mentre Vespa assembla prima: il bello della registrata.
GLI STAKANOVISTI DEGLI STUDI. Per alcuni, è fondato il sospetto che dormano direttamente negli studi, forse su una poltroncina pieghevole, come Maigret al Quay. E certi non se ne vogliano andare.
Una volta mi è capitato di partecipare a una trasmissione in preserale. Una volta terminata, i tecnici hanno sbaraccato alla svelta perché toccava al politico Tal dei Tali, sempre quello. Così non mi sono tenuto e ho detto a un cameraman: «Ma che, questo vive qui con voi?».
Il poveretto mi ha guardato stravolto dicendomi: «Nun me ne parli! Ormai me lo sogno pure de notte, sto più con lui che con mi moje...».

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